
NAPOLI AL TEMPO DI …
di Silvano Napolitano
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Amelia Earhart fu la sedicesima donna al mondo a ottenere il brevetto di volo. Era nata negli Stati Uniti, in una cittadina del Kansas, nel 1897. Dopo il diploma si iscrisse al college ma non completò gli studi. Nel 1917 divenne infermiera volontaria della Croce Rossa. Curava i militari che ritornavano dall’Europa con ferite di guerra. Nel 1918 si ammalò di sinusite, in un’epoca in cui non esistevano gli antibiotici fu curata con dolorosi drenaggi attraverso le narici. Nonostante le cure, che durarono più di un anno, soffrì per il resto della sua esistenza di sinusite cronica.
Durante una dimostrazione aerea, un pilota in volo col suo aereo individuò Amelia e una sua amica che da terra osservavano le sue acrobazie. Volendo far colpo sulle due ragazze si produsse in una picchiata puntandole. L’amica fuggì spaventata mentre Amelia intrepida rimase immobile a guardare il velivolo che la sfiorava. Fu il suo primo segno d’attenzione verso gli aeroplani. All’età di 23 anni fece il primo volo in aereo come passeggera. L’esperienza di librarsi nell’aria l’entusiasmò. Decise che sarebbe diventata una pilota. Prese lezioni da Anita Snook, una famosa aviatrice, conseguendo l’attestato di volo nel 1923.
LE IMPRESE AEREE DI AMELIA EARHART
Nel 1928 ci fu la sua prima impresa aviatoria. Partecipò alla trasvolata dell’Atlantico, su un Fokker, in compagnia di due esperti piloti: Wilmer Sturz e Louis Gordon. Come lei stessa confessò, non era stato altro che un bagaglio su quell’aereo sempre condotto dai suoi due compagni. Nonostante ciò divenne un’eroina nazionale. Teneva conferenze in tutti gli Stati Uniti per promuovere l’aviazione e i viaggi aerei. Ottenne incarichi di “public relations” dalle nascenti compagnie aeree americane. Disegnò una linea di abbigliamento femminile ispirata alle tute indossate dagli aviatori, le cui foto furono pubblicate dalla rivista “Vogue”.
Nel 1931 sposò un editore appassionato di volo, George Putnam. La sua casa editrice aveva pubblicato il libro in cui Charles Lindbergh descrisse la sua impresa sopra l’Atlantico. Nel 1931 Amelia raccontò il suo volo transoceanico nel libro “20 Hours – 40 Minutes” che, pubblicato dalla Putnam, ebbe un grande successo.
Nello stesso anno Amelia stabilì il record mondiale di altitudine con un autogiro Pitcairn PCA-2. Volò a 5613 metri di altezza. Ormai conosciuta come Lady Lindy, volle ripetere l’impresa di Lindbergh. Fu la seconda in assoluto e la prima donna ad attraversare l’Atlantico in solitaria. Il 21 maggio del 1932 partì con un Lockheed Vega da Terranova, in Canada, per giungere dopo circa 15 ore di volo a Londonderry, in Irlanda del Nord. Il 24 agosto dello stesso anno conquistò un altro primato. Fu la prima donna ad attraversare gli Stati Uniti dal Pacifico all’Atlantico in solitaria. Decollò al mattino da Los Angeles e, senza effettuare soste intermedie, atterrò nel pomeriggio a Newark. Per queste imprese fu insignita della Legion d’Onore e della Distiguished Flying Cross. Volò aprendo nuove rotte: da Oakland in California a Honolulu nelle Hawaii e da Los Angeles a Città del Messico.
AMELIA EARHART E IL GIRO DEL MONDO IN AEROPLANO
Tutto questo non le bastava. Voleva di più. Voleva conquistare il mondo con la circumnavigazione completa del pianeta per la rotta più lunga, quella equatoriale, di 47.000 chilometri. Nel 1936 iniziò a organizzare il viaggio, il primo che seguiva la rotta dell’equatore. Ottenne cospicui finanziamenti per l’impresa con i quali fece costruire un aereo apposito, il Lockheed L-10 Electra. Scelse i navigatori che avrebbero dovuta guidarla sulla giusta rotta: Fred Noonan, capitano di nave con grande esperienza avendo tracciato diverse rotte adottate dagli aerei della Pan Am, e Harry Manning, il capitano della nave su cui aveva viaggiato di ritorno dall’Europa dopo l’impresa Atlantica. Il piano di volo prevedeva che nella tratta dalle Hawaii alle isole Howard fosse accompagnata da Noonan, mentre nella tratta successiva fino all’Australia il navigatore fosse Manning. L’ultima tratta era programmata in solitaria.
Il 17 marzo del 1937, l’aviatrice con a bordo Noonan, Manning e Paul Mantz decollò con il Lockheed da Oakland. La prima sosta era prevista alle Hawaii. Durante il volo si evidenziò un problema all’elica, una delle prime a passo variabile. Fu riparata nella base della marina americana a Pearl Harbor. Dopo tre giorni di sosta, Earhart, accompagnata dai due navigatori, tentò il decollo per proseguire nell’impresa. Durante la corsa sulla pista una ruota del carrello esplose e provocò un testacoda dell’aereo. Fu giocoforza annullare il volo e rimandare l’aereo alla Lockheed per le riparazioni.
Il 1° giugno l’aviatrice statunitense iniziò il suo secondo tentativo di circumnavigazione del globo. Per questo secondo tentativo aveva programmato l’inversione del senso di marcia. Partì da Miami accompagnata da Noonan. Fece tappa in Sudamerica, in Africa, in Asia. Il 29 giugno giunse a Lae, in Nuova Guinea. Aveva superato i due terzi della circumnavigazione: 35.000 chilometri dei circa 47.000 programmati. Mancava, per completare l’impresa, il superamento dell’oceano Pacifico.
Alla mezzanotte tra il 1° e il 2 luglio, Amelia Earhart, accompagnata da Fred Noonan, decollò da Lae con l’aereo sovraccarico di carburante. Avrebbe dovuto volare per 4100 chilometri e raggiungere l’isola Howland, un avamposto disabitato degli Stati Uniti, 3100 chilometri a sud-ovest delle Hawaii. Howland era una lingua di terra piatta, giusto lo spazio per atterrare. L’Itasca, un’imbarcazione della guardia costiera americana, era ancorata vicino alla costa pronta a rifornire l’aereo di carburante e a rifocillare Amelia e Fred quando questi fossero giunti sull’isola.
Il Lockheed Electra ebbe un primo contatto radio con l’Itasca. La Earhart comunicò la sua posizione che era di circa 1100 chilometri di distanza da Lae sulla rotta per Howland. L’imbarcazione della guardia costiera avrebbe dovuto guidare l’aereo durante l’avvicinamento all’isola. La radio dell’Electra non funzionava perfettamente a causa di un danno all’antenna occorso durante il decollo. Nacquero incomprensioni anche in relazione al fuso orario adottato. Quello utilizzato dal navigatore Noonan era il Greenwich Civil Time mentre l’operatore dell’imbarcazione della Guardia Costiera utilizzava il sistema di rilevazione dell’orario utilizzato dalla marina militare. Questa incomprensione comportava mezz’ora di differenza.

RACCONTI DA CAPRI
di Silvano Napolitano
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GLI ULTIMI CONTATTI RADIO E LE RICERCHE DI EARHART E NOONAN
Alle 7 e 42 del 2 luglio Earhart trasmise alla radio il messaggio: “Dovremmo essere su di voi, ma non vi vediamo. Il carburante è al minimo. Non riusciamo a contattarvi via radio. Voliamo a 1000 piedi d’altezza”. Alle 7 e 58 sul cutter della guardia costiera ascoltarono un altro messaggio della Earhart, forte e chiaro tanto da far pensare che si trovava nelle immediate vicinanze, con il quale veniva richiesto di lanciare più volte un segnale radio per individuare la direzione di provenienza dello stesso.
Alle 8 e 43 Earhart trasmise l’ultimo messaggio nel quale diceva che stava seguendo la direzione 157 e 337 gradi. Dopo questo messaggio non furono captati altri messaggi intellegibili provenienti dal Lockheed Electra. Le stazioni radio e i radioamatori affacciati sulle coste del Pacifico accesero i loro dispositivi per tentare un contatto con la radio del Lockheed disperso. Furono captati diversi segnali sia da stazioni della marina militare che da radioamatori che potevano essere stati lanciati dal Lockheed Electra. Ma erano molto disturbati e non era certo che fossero dei due aviatori che a questo punto furono considerati dispersi. Le stazioni radio della Pan American Airlines registrarono ancora per qualche ora segnali che gli esperti ritennero fossero dell’aereo della Earhart. Questo stava a indicare che il Lockheed era riuscito ad atterrare sulla terraferma. In caso di ammaraggio o peggio di caduta in mare la radio sarebbe andata in cortocircuito a causa dell’acqua.
L’Itasca iniziò immediatamente le ricerche dei dispersi. In pochi giorni fu raggiunta da altre imbarcazioni della marina e della guardia costiera. Il presidente Roosevelt in persona autorizzò l’utilizzo di numerosi mezzi di soccorso per la ricerca dei naufraghi. Tutta l’America seguiva con apprensione la vicenda di Amelia Earhart e di Fred Noonan.
Le isole vicine a Howland furono sorvolate dagli aerei della portaerei Lexington nella speranza che i dispersi fossero riusciti ad atterrare su una di queste. Dopo 19 giorni infruttuosi la marina degli Stati Uniti interruppe le operazioni di soccorso e ritirò le sue navi. Il marito della Earhart, l’editore George Putnam, finanziò personalmente le ricerche noleggiando piccole navi con le quali esplorò le isole della Fenice, Kiribati, Tabuaeran, le isole Marshall e Gilbert. Per poter disporre dei beni della moglie e impiegarli nelle ricerche, Putnam chiese che ne fosse dichiarata la morte presunta in anticipo sui sette anni previsti dalla legge. Pertanto Amelia Earhart fu considerata ufficialmente deceduta il 5 gennaio del 1939.
LE TRE IPOTESI SULLA FINE DEI DISPERSI
Le ricerche dei resti dei due aviatori si protrassero per diverso tempo. Si consolidarono tre ipotesi sulla fine della Earhart e di Noonan. La prima ipotesi, la più immediata, ipotizzava che il Lockheed Electra fosse precipitato in acqua o ammarato sull’oceano per mancanza di carburante e i due aviatori annegati. La seconda possibilità riteneva che la Earhart fosse riuscita a atterrare su una delle numerose isole situate nel raggio di 250 chilometri da Howland e che i due fossero sopravvissuti per qualche tempo dopo l’atterraggio. La terza ipotesi fu quella che raccolse più testimonianze. Presupponeva come la seconda che i due si fossero salvati atterrando su un isolotto. Catturati dai giapponesi e considerati spie sarebbero stati rinchiusi in un campo di concentramento.
La prima ipotesi considerava un errore di calcolo nel determinare la rotta e anche che i serbatoi dell’aereo non fossero stati completamente riempiti per un errore. Il nipote dell’aviatrice George Palmer Putnam Jr. affermò che semplicemente l’aereo aveva terminato il carburante finendo in acqua. Ricerche effettuate sul fondo dell’oceano per individuare i resti dell’aereo non ebbero successo.
La seconda ipotesi era sostenuta dalla madre dell’aviatrice scomparsa e anche dalla marina degli Stati Uniti. Questa prevedeva che l’aereo fosse riuscito ad atterrare a Gardner Island, oggi chiamata Nikumaroro, o ad ammarare nella laguna dell’atollo. In un video subacqueo, girato nel 2012 nella laguna di Nikumaroro, si intravedono frammenti che potrebbero appartenere all’aereo disperso. Nel 1940 era stato rinvenuto uno scheletro sull’isola. Sottoposto ad analisi si accertò appartenere a una donna. Accanto ai resti fu ritrovato anche un sestante. Lo scheletro andò smarrito alle isole Figi dove era stato inviato per ulteriori esami. Una ricognizione, fatta di recente, delle foto di quei resti hanno portato alla conclusione che lo scheletro potesse appartenere all’aviatrice americana.
La terza ipotesi venne suffragata da alcune testimonianze. Soldati giapponesi giurarono di aver riconosciuto la Earhart e Noonan tenuti prigionieri tra le isole Marshall e Palau. Un militare americano affermò di aver ritrovato a Guam effetti personali della Earhart. Un’azzardata teoria sostenne che l’aviatrice si fosse salvata e che, dopo molti anni, fosse tornata in patria sotto il falso nome di Irene Craigmile Bolam. Nel 2006 esami forensi stabilirono che la Craigmile Bolam e la Earhart non erano la stessa persona. Nel 2017 History Channel ha mostrato una foto scattata alle isole Marshall, che all’epoca dell’incidente erano controllate dai giapponesi, in cui si riconoscevano la Earhart mostrata di spalle e Noonan. Un ricercatore ha però ritrovato la stessa foto in un archivio della Dieta Giapponese datata 1935, cioè tre anni prima dell’incidente aereo.
Ad oggi l’ipotesi ritenuta più probabile sulla fine dei due aviatori è quella che l’aereo fosse riuscito ad atterrare a Nikumaroro e che i resti ritrovati sull’isola, che all’epoca era completamente disabitata, appartenessero effettivamente ad Amelia Earhart.
(Foto in alto: Amelia Earhart e il Lockheed L-10 Electra, 1931, Smithsonian Institution)