Le aspirazioni di indipendenza della Catalogna, dopo il referendum del 1° ottobre 2017, nel quale i “si” all’indipendenza hanno vinto con grande maggioranza, si sono arenate nelle maglie della giustizia iberica che ha dichiarato illegale la consultazione referendaria. I promotori del referendum sono stati perseguiti dalla legge per varie ipotesi di reato e condannati a lunghe detenzioni. Carles Puigdemont, presidente della Generalitat all’epoca della consultazione popolare, si è rifugiato in Belgio per sfuggire a una sicura condanna. I tentativi della giustizia iberica di estradare Puigdemont sono stati respinti dalla Germania e dal Belgio dove lo stesso si è rifugiato.
STORIA DELLA CATALOGNA
I promotori dell’indipendenza della Catalogna portano a supporto di tale aspirazione, oltre ad altri motivi contingenti, la storia della regione. Ma a ben vedere solo per brevi periodi la Catalogna ha goduto di una piena indipendenza.
Dopo l’occupazione greca e quella dell’impero romano furono i Visigoti, popolo barbaro proveniente della Scandinavia e dai territori nordorientali dell’Europa, a occupare nel V secolo i territori iberici a ridosso dei Pirenei. In seguito la Catalogna divenne parte integrante del califfato omàyyade “al-Andalus”. Fu Carlo Magno a sottrarre la regione ai mori costituendo la Marca Ispanica che venne incorporata nell’impero carolingio. La Catalogna divenne una provincia dell’impero e Barcellona ne fu il suo capoluogo. La contea di Barcellona, nel tardo medioevo, fu il centro culturale e politico della Catalogna, la quale andava conquistando una sempre maggiore autonomia dalle strutture centrali dell’impero. Con Raimondo Berengario III (Dux catalanensis) si cominciò a utilizzare il termine Catalogna per indicare la regione in discorso.
Con il matrimonio di Raimondo Berengario IV, conte di Barcellona, con Petronilla d’Aragona, figlia del re d’Aragona, la Catalogna venne unita all’Aragona sotto la guida dello stesso Raimondo Berengario che divenne Re d’Aragona mantenendo il contado di Barcellona. Di fatto i due regni furono uniti sotto la figura del re. La regione Catalana, fino ad allora suddivisa in varie contee, venne unificata nel principato di Catalogna. Il principato sviluppò un proprio sistema autonomo amministrativo, giudiziario e politico. In questo frangente nacque la “Generalitat”. La lingua catalana iniziò ad affermarsi durante il medioevo, divenne lingua ufficiale del principato catalano e si diffuse anche in Sardegna influenzando con molti vocaboli il dialetto sardo parlato tutt’oggi.
Nel XVI secolo, con la dinastia asburgica in Spagna, iniziò la decadenza del catalano quale lingua nazionale dell’intera penisola iberica, sostituita nella corte reale di Madrid e poi in tutta la Spagna dalla lingua castigliana. Con l’inizio del “Siglo de oro” il Regno di Castiglia, retto dagli Asburgo, si affermò come regno guida dell’intera Spagna e di tutto l’impero spagnolo che comprendeva anche i Paesi Bassi e gran parte dell’Italia.
La “Guerra dei mietitori” della metà del 1600 e la rivolta del “Corpus de sang” del 7 giugno del 1640 segnarono la ribellione dei catalani contro lo statalismo spagnolo che, a causa della guerra franco-spagnola, caricava di tasse le varie province dell’impero, compresa la Catalogna. Il 17 gennaio del 1641 nacque l’effimera Repubblica di Catalogna che, dopo una sola settimana, confluì nel regno di Francia. Con la vittoria della Spagna sulla Francia fu ripristinato il predominio sulla regione. La Spagna riconobbe al principato di Catalogna una ampia autonomia.
Nel 1704 la “Guerra di secessione spagnola” coinvolse la Catalogna, l’Aragona e Valencia contro l’accentramento del Borbone di Spagna. Con la resa di Barcellona dell’11 settembre 1714 in seguito all’assedio delle forze borboniche, furono cancellate tutte le autonomie e i privilegi della Catalogna, la soppressione dell’università di Barcellona e la proibizione di utilizzare la lingua catalana.
Nell’ottocento si registrò la ribellione degli spagnoli contro la regina Isabella II con il conseguente sessennio democratico e la nascita della Prima Repubblica Spagnola, con un ordinamento federale, che fu soppressa nel 1874 con la restaurazione dei Borbone.
Nel 1931 fu proclamata, a seguito dell’abolizione della monarchia, la Repubblica Catalana, che precedette solo di alcuni giorni la creazione della Seconda Repubblica Spagnola. La Repubblica Catalana fu incorporata nel nascente stato repubblicano spagnolo. In cambio alla rinuncia dell’indipendenza fu ripristinata l’autonomia della Catalogna e la rinascita della Generalitat. In seguito alla guerra civile nella quale ebbero il sopravvento le forze che facevano riferimento al futuro dittatore Francisco Franco, fu nuovamente cancellata l’autonomia della regione.
PRIMA DEL 1° OTTOBRE 2017
Dopo il 1975, con la morte del dittatore Franco e il ripristino di una monarchia costituzionale in Spagna, la Catalogna riprese il suo cammino verso una sempre maggiore autonomia. Tappa importante furono i giochi olimpici di Barcellona del 1992. Nell’ultimo scorcio del novecento si costituì una forza di polizia Catalana chiamata “Mossos d’Esquadra” riconosciuta ufficialmente nel 1983. Nello stesso anno nacque anche la rete televisiva TV3 con trasmissioni in lingua catalana.
Il 23 gennaio 2013 il parlamento regionale approvò una dichiarazione di sovranità. La delibera fu in seguito dichiarata illegale dal Tribunale Costituzionale Spagnolo.
Nel 2014 ci fu un referendum tra gli abitanti della regione sull’indipendenza della Catalogna. Il referendum, dichiarato incostituzionale, ebbe solo valore consultivo. Nonostante che a vincere fossero i voti a favore dell’indipendenza, lo stesso ebbe una scarsa rilevanza per la bassa percentuale, il 37% circa, di partecipazione allo stesso.
IL REFERENDUM
Nel 2017 il parlamento della Catalogna ha approvato una legge con la quale veniva indetto il referendum sull’indipendenza. Tale legge non prevedeva un quorum minimo per la validità dello stesso. Il Tribunale Costituzionale ha dichiarato illegale la delibera in quanto la stessa era in contrasto con il principio costituzionale dell’unitarietà della nazione spagnola.
Nonostante la bocciatura la Generalitat ha organizzato la tornata referendaria per il 1° ottobre 2017. La Procura Generale ha messo sotto accusa gli organizzatori e ha disposto l’intervento della Guardia Civil spagnola e dei Mossos d’Esquadra per sequestrare tutto il materiale elettorale che è stato predisposto.
Il 1° ottobre, disobbedendo agli ordini della Fiscalia (Procura Generale), si sono aperti i seggi referendari. Nonostante i numerosi interventi delle forze dell’ordine all’interno dei seggi, che non sono riusciti a impedire la consultazione anche a causa del comportamento ambivalente dei Mossos d’Esquadra che operano alle dipendenze del governo locale, il 40% degli elettori ha espresso il proprio voto. Il risultato ha visto vincere i favorevoli all’indipendenza con il 90% dei voti espressi.
DOPO IL 1° OTTOBRE 2017
Il 10 ottobre il capo del governo locale Carles Puigdemont, prendendo atto del risultato del referendum, ha dichiarato unilateralmente l’indipendenza della Catalogna dalla Spagna. Contestualmente ha sospeso provvisoriamente il processo di indipendenza con la motivazione di voler cercare un accordo con le autorità di Madrid. Il successivo 27 ottobre il Parlamento della Catalogna ha approvato una dichiarazione d’indipendenza. Tutte le delibere degli organi rappresentativi locali sono state dichiarate illegali dal Tribunale Costituzionale. Nello stesso giorno dell’approvazione dell’indipendenza il senato spagnolo ha approvato l’applicazione dell’art. 155 della costituzione spagnola con il quale viene commissariata la Catalogna. Gli organi rappresentativi locali sono stati sciolti e il presidente Carlos Puigdemont destituito dall’incarico.
Nuove elezioni del parlamento di Barcellona si sono tenute il 21 dicembre del 2017. Il risultato ha visto la diminuzione dei parlamentari appartenenti ai partiti favorevoli all’indipendenza, che tuttavia conservano una risicata maggioranza.
La Procura Generale ha accusato il presidente Carlos Puigdemont, i membri del governo locale e il presidente del parlamento regionale dei reati di sedizione, ribellione e malversazione per i fondi pubblici utilizzati per organizzare la consultazione popolare. Le accuse mosse prevedono pene dai 5 ai 30 anni di reclusione. Il comandante dei Mossos d’Esquadra è stato accusato di non aver obbedito agli ordini della stessa procura generale.
Carlos Puigdemont con quattro degli altri accusati sono riusciti a sfuggire all’arresto rifugiandosi in Belgio. Le autorità spagnole hanno emesso un mandato di arresto internazionale teso ad ottenere l’estradizione di Puigdemont e degli altri fuggitivi. In seguito il mandato di arresto è stato revocato per evitare il probabile respingimento della richiesta di estradizione da parte delle autorità belghe.
A Marzo del 2018 Carlos Puigdemont si è recato a Helsinki per una conferenza. Durante il viaggio di ritorno è stato emesso un nuovo mandato di arresto. Il 23 marzo, durante il viaggio di ritorno, mentre si trova con l’auto sulle strade tedesche viene fermato dalle autorità locali. Il 12 luglio la giustizia tedesca ordina l’estradizione. In seguito al ricorso d’appello la sentenza di primo grado viene annullata e la richiesta di estradizione in Spagna respinta. Carlos Puigdemont può così rientrare in Belgio.
Il 18 ottobre del 2019 il tribunale ha condannato a lunghe pene detentive 13 politici catalani arrestati dopo lo svolgimento del referendum dichiarato illegale dalle autorità madrilene. Oriol Junqueras, il leader della coalizione separatista, viene condannato a 13 anni di detenzione. Gli altri processati hanno condanne che vanno dai nove ai tredici anni di carcere. Il tribunale non addebita ai condannati il reato di sedizione che avrebbe portato le pene intorno ai 30 anni di reclusione.
ELEZIONI EUROPEEE 2019
Alle elezioni europee del 26 maggio del 2019 si sono presentati alcuni degli accusati per i fatti catalani. Oriol Junqueras, in carcere preventivo sfociato in una condanna a 13 anni di reclusione, Carlos Puigdemont, sotto accusa in Spagna ma rifugiato in Belgio, e Toni Comin, ex ministro catalano anche lui riparato in Belgio, sono risultati eletti in base alle preferenze raccolte nella loro regione d’origine.
La Spagna ha rifiutato di riconoscere la validità dell’elezione dei tre poiché gli stessi non hanno potuto completare l’iter burocratico da svolgere a Madrid necessario per la nomina a deputato europeo. Il parlamento europeo in un primo momento accoglie le tesi di Madrid. Il ricorso dei tre eletti alla corte di giustizia europea ha esito favorevole poiché la corte ha ritenuto che l’immunità parlamentare europea sia scattata al momento dell’elezione e non della nomina formale a deputato. In base a questa sentenza Puigdemont e Comin, che si trovano in Belgio, sono stati accolti come membri dal parlamento europeo. Diverso il caso di Junqueras per il quale l’alta corte spagnola ha obiettato che la condizione di condannato definitivo ancorché la condanna sia stata pronunciata dopo la data delle elezioni, impedisce che il recluso venga nominato parlamentare europeo. Il parlamento europeo ha accolto tale tesi, non ascrivendo Junqueras tra i suoi membri.
Attualmente il governo in carica, guidato dal leader socialista Pedro Sanchez, sta tentando una mediazione per risolvere l’impasse in cui si trova la regione catalana, in bilico tra aspirazioni di indipendenza portate avanti dall’attuale presidente della Generalitat Quim Torra e il governo centrale disposto solo ad alcune concessioni sull’autonomia della Catalogna.
(Immagine in alto: Corpus di sangue, tratta da Els Segadors, 1910, Hermenelgildo Miralles)