Corradino di Svevia

DAL DUCATO AGLI ARAGONESI

Dal 476 Odoacre regnò su tutta l’Italia dalla sua capitale Ravenna, dopo aver sconfitto l’impero romano e imprigionato Romolo Augusto nel Castel dell’Ovo. Egli era stato un giovane di misera condizione, proveniente dalla Scira (Germania orientale), ma era riuscito a farsi valere per la sua forza e intelligenza, diventando re degli Eruli.

Odoacre, con i suoi uomini, era venuto in Italia e, approfittando dello sbando degli ultimi anni dell’Impero Romano, riuscì a conquistarla. 

Gli ostrogoti, comandati da Teodorico, avevano anche loro nelle mire la conquista dell’Italia, spinti dall’imperatore d’Oriente Zenone che intendeva mettere sotto la propria tutela la penisola. Nel 489 Teodorico organizzò una spedizione in Italia e la occupò.

Odoacre, asserragliato dentro Ravenna assediata dagli Ostrogoti, si arrese nel 493 non riuscendo a resistere alle forze avversarie. Teodorico finse di voler sancire la pace invitando il re deposto a un banchetto ma, durante i festeggiamenti, lo fece uccidere.

Nel 500 Napoli fu conquistata dai bizantini del generale Belisario il quale, dopo un cruento assedio, ebbero ragione della città, espugnandola attraverso un cunicolo dell’acquedotto romano che sbucava dentro le mura. Con Narsete, successore di Belisario, che governava per conto dell’imperatore Giustiniano, Napoli e il suo circondario divennero una provincia dell’Impero Romano d’Oriente. In città risiedeva un capo amministrativo, chiamato Ludex Provinciae, e un capo militare, detto Dux.

Nel 578 l’imperatore d’Oriente, Tiberio II, suddivise i suoi possedimenti in Italia in due eparchie: la Urbicaria, che comprendeva Roma e il Lazio, e la Campania, che si riferiva a Napoli e al suo circondario.

I longobardi che, dopo la destituzione di Narsete, avevano conquistato buona parte dell’Italia, costituirono in Campania il ducato di Benevento, sottraendo il relativo territorio al controllo di Bisanzio. Essi cercarono di occupare Napoli, assediandola per ben tre volte, nel 581, 592 e 599, ma non riuscirono a espugnarla.

Il ducato (661 – 1137)

Nel corso dei secoli il potere del Dux oscurò quello del Ludex. Il dux o duca si rese sempre più indipendente. Nella seconda metà del 600 si formò una vera e propria entità statale, il Ducato di Napoli, anche se formalmente ancora sottomesso all’imperatore di Bisanzio.

Il ducato durò 5 secoli durante i quali governarono 37 duchi. Il primo fu Basilio (dal 661 al 666), l’ultimo fu Sergio VII (dal 1123 al 1137). I duchi risiedevano nel palazzo del governo, detto “Praetorium Civitatis”, situato dove oggi sorge l’edificio che ospita l’università. All’epoca quella era la parte più elevata dell’abitato cittadino, si affacciava direttamente sulla spiaggia.

Nell’840 il duca Sergio I trasformò la carica ducale, che fino ad allora era stata elettiva, in ereditaria. Nel ducato indipendente, il duca si comportava come un sovrano assoluto con pieni poteri militari, amministrativi e di giustizia.

Sergio I, per meglio affrontare le continue incursioni dei longobardi di Benevento, che non avevano rinunciato al tentativo di conquistare Napoli, cercò alleanze con il papato e i Franchi.

Questa storia è tratta dal volume “NAPOLI AL TEMPO DI … Episodi e personaggi della storia partenopea” di Silvano Napolitano. AMAZON.IT

I saraceni, che arrivavano dal mare, erano una spina nel fianco di tutte le località costiere. Nell’845 una flottiglia saracena mise a ferro e fuoco la località di Miseno (Bacoli). Cesario Console, il secondogenito di Sergio I, armò una potente flotta per risolvere definitivamente il problema della pirateria. Nell’848 affrontò la flottiglia saracena nel mare di fronte a Ostia, sconfiggendola e distruggendo numerose navi avversarie in una battaglia navale la cui vittoria fu seconda sola a quella di Lepanto.

Un’altra importante vittoria si ebbe nel 915 quando il ducato era tornato momentaneamente sotto il controllo di Bisanzio. I bizantini organizzarono una sortita con truppe napoletane e capuane contro i saraceni che avevano un caposaldo a Traetto (Minturno) alle foci del Garigliano. L’esercito alleato li sconfisse e li ricacciò in mare.

In quegli anni ci furono scontri condotti da Bisanzio per riconquistare le terre del Sud Italia. Nonostante l’offensiva dell’Impero Romano d’Oriente, Napoli riuscì a conservare la sua indipendenza grazie all’azione diplomatica e alle sue inespugnabili mura.

I normanni (1137 – 1194)

In questo confuso periodo ricco di battaglie, alleanze e tradimenti iniziò l’avventura normanna nel meridione di Italia.

Un gruppo di uomini, originari della Normandia, comandati da Gilberto Drengot, coadiuvato dai suoi fratelli Rainulfo, Asclettino e Osmondo, furono esiliati dalle loro terre.

Essi vennero in Italia meridionale per sciogliere un voto, recandosi al santuario dedicato all’Arcangelo Gabriele di Monte Sant’Angelo in Puglia. Sulla via del ritorno, furono notati per il loro coraggio e la loro abilità nel maneggiare le armi da alcuni signorotti locali mentre attraversavano la Campania. Il duca di Napoli, sempre in guerra per conquistare nuove terre, li ingaggiò al suo servizio.

Erano valorosi in battaglia e bravi nel farsi pagare, ottennero dal duca Sergio IV la cittadina di Aversa come ricompensa per i servizi resi. Furono ben presto raggiunti da altri normanni provenienti dalla Normandia e dalla Danimarca, costituendo una folta colonia nella cittadina.

Tra i normanni sopravvenuti si distinsero particolarmente gli Altavilla (Hauteville) con Roberto il Guiscardo, Ruggero e Guglielmo che stabilirono il loro quartier generale a Melfi. Sia i Drengot che gli Altavilla riuscirono a consolidare la loro posizione con conquiste e matrimoni, rafforzando i legami tra i due gruppi con incroci familiari.

Gli Altavilla, a seguito della conquista di quasi tutto il meridione d’Italia, crearono il regno di Sicilia. Il ducato di Napoli rimase indipendente fino al 1137 quando l’ultimo duca di Napoli, Sergio VII, si arrese a Ruggero II d’Altavilla, che divenne re di un vasto regno comprendente anche parte della costa mediterranea dell’Africa.

La capitale fu Palermo, ma Napoli era il centro economico e culturale grazie al suo porto, dove si svolgevano i traffici di merci destinate a soddisfare il fabbisogno del regno.

Il matrimonio della figlia di Ruggero II, Costanza, che andò sposa a Enrico di Svevia, figlio di Federico Barbarossa e futuro imperatore, facilitò il passaggio indolore del Regno di Sicilia dalla dinastia normanna, che si esaurì nel 1194 con la morte di Tancredi, nipote di Ruggero, alla dinastia sveva degli Hohenstaufen.

Gli svevi (1194 – 1266)

Enrico VI, imperatore del Sacro Romano Impero, successe a Tancredi come re di Sicilia, come conseguenza del matrimonio con Costanza d’Altavilla. Dopo pochi anni, nel 1197, Enrico VI morì e gli subentrò il figlio Federico. 

Federico di Svevia era nato nel 1194, nelle sue vene scorreva metà sangue svevo e metà sangue normanno. La metà normanna era la dote che aveva ereditato dalla madre che morì un anno dopo il marito, lasciando il figlioletto di quattro anni affidato a papa Innocenzo III. Nel 1210, all’età di sedici anni, egli entrò nel pieno possesso del regno di Sicilia con il nome di Federico II. Il 9 dicembre del 1212 riunì la dieta germanica, che si tenne a Costanza, per prendere possesso del regno di Germania. Fu incoronato imperatore da papa Onorio III a Roma nel 1220.

Federico II, soprannominato “stupor mundi”, viene ricordato per la saggezza che dimostrò come governante del suo vasto impero. Dimorò a Palermo, nel palazzo reale oggi denominato Palazzo dei Normanni. Spesso era in viaggio per visitare i suoi possedimenti, essendo anche Re di Gerusalemme, Duca di Svevia e Re dei Romani. Era amante dell’arte e della cultura, possedeva una notevole istruzione, acquisita negli anni della giovinezza trascorsi sotto la tutela papale.

Nel 1220 Federico convocò i nobili del regno in due assise: a Capua e a Messina, dando atto delle differenti situazioni della Sicilia e dell’Italia meridionale. In quelle assisi revocò tutti i diritti regi acquisiti dai feudatari, riportandoli sotto il suo potere. Nel 1224 fondò l’università di Napoli, oggi intitolata “Università Federico II” e, con l’editto di Salerno del 1241, stabilì che i diplomati della Scuola Medica Salernitana fossero gli unici a poter esercitare la professione medica. La Scuola Medica di Salerno era attiva da più di tre secoli ed era conosciuta in tutto il mondo per la bravura dei suoi medici.

Dopo aver sconfitto Tommaso da Celano che, dai suoi possedimenti abruzzesi e molisani, si era ribellato a una ordinanza del re che prevedeva lo smantellamento dei castelli e delle fortificazioni, si recò nell’antica capitale dei normanni, Melfi, eleggendola a sua dimora estiva e a casino di caccia, per la ricchezza di selvaggina che riservava la zona del Volture.

Fu nel castello di Melfi che Federico II elaborò, con la collaborazione di Pier delle Vigne, le “Constitutiones Augustales” emanate nel 1231 e conosciute come “Costituzioni di Melfi”, nelle quali aveva fuso armonicamente i principi dell’antico diritto romano con il diritto normanno. Nelle Costituzioni si limitavano i poteri dei nobili e dei feudatari a favore della corona, ed era previsto anche per le donne il diritto di successione nei titoli feudali.

Gli ultimi anni della sua vita furono contrassegnati da violenti contrasti con il papa. Federico II morì nel 1250 a Fiorentino vicino Foggia per disturbi addominali, postumi di una malattia mal curata negli anni precedenti. Alcuni sostennero che la morte fosse dovuta ad avvelenamento. Qualche tempo prima era stato scoperto un complotto per ucciderlo in cui era coinvolto anche il suo medico personale.

Dopo la morte di Federico II la città di Napoli si pose sotto la protezione di papa Innocenzo IV. Corrado IV, figlio di Federico, cinse d’assedio la città per riportarla in suo potere. Dopo la resa, Corrado fece diroccare le mura della città, impose nuove ed esose tasse e trasferì l’università, fondata dal padre, a Salerno per punire il tradimento dei napoletani. Nel 1254 Corrado morì e la città si mise di nuovo sotto la protezione papale. Napoli subì l’ennesima sconfitta da parte dello svevo Manfredi, fratello di Corrado.

Gli angioini (1266 – 1442)

Carlo I d’Angiò, fratello del re di Francia Luigi IX, era stato designato da papa Clemente IV come re del Regno di Sicilia. Il 7 marzo del 1266 i cittadini partenopei lo accolsero trionfalmente, speranzosi che la città potesse diventare la capitale del regno, al posto di Palermo, che era stata sede dei re svevi.

Carlo d’Angiò dovette contrastare le pretese dinastiche di Corradino di Svevia, figlio di Corrado IV e quindi nipote di Manfredi. All’età di quindici anni Corradino, conscio di non poter aspirare al prestigioso trono di Germania, indirizzò le sue mire verso il regno di Sicilia che, dal suo punto di vista, era usurpato da Carlo I d’Angiò. 

Nel 1267 venne in Italia con un piccolo esercito di 1000 armati, proveniente dalla Baviera, luogo della sua infanzia. Le fila del suo esercito si ingrossarono strada facendo con uomini di provenienza ghibellina che parteggiavano per l’impero, in contrasto con i guelfi che simpatizzavano con i francesi. Corradino venne ben accolto in tutte le città in cui si fermò, compresa Roma che alcuni giorni prima era stata precipitosamente abbandonata dal papa. Il 23 agosto del 1268 Corradino si scontrò con Carlo I d’Angiò nella battaglia di Tagliacozzo, dove fu sconfitto.  Durante la sua ritirata fu catturato insieme ai suoi compagni. Condotto prigioniero a Napoli fu decapitato in piazza Mercato il 26 ottobre del 1268.

Dopo la perdita della Sicilia, conquistata dagli aragonesi a seguito dei vespri siciliani, si formarono due regni distinti: il Regno di Napoli o Regno di Sicilia al di qua del Faro (di Messina), governato dagli angioini, e il Regno di Sicilia al di là del faro (la Sicilia), governato dagli aragonesi.

Nel 1285, alla morte di Carlo I, si ebbe un periodo contrastato nel quale papa Onorio IV intervenne direttamente nel governo del regno. Carlo II, figlio di Carlo I, prigioniero degli aragonesi dopo una sconfitta, fu liberato in seguito all’intervento di Onorio IV e poté prendere possesso del regno.   

La città conobbe un periodo felice durante il quale fu costruito il Maschio Angioino che, con Celestino V, l’eremita Pietro da Morrone passato alla storia per aver abdicato da papa, divenne anche la sede del papato e della sua corte nel 1294. Il Maschio Angioino fu il fulcro dell’ampliamento della città a occidente, dove vennero costruiti molti palazzi gentilizi nelle immediate adiacenze del nuovo castello. Inoltre durante la dinastia angioina fu eretta la reggia della “Casa nova” nella odierna zona di via Casanova (quartiere Vicaria), dove morì Carlo II d’Angiò nel 1309. Nelle vicinanze del porto furono costruiti quartieri che ospitavano i numerosi stranieri che abitavano in città: genovesi, fiorentini, provenzali. Ancora oggi sono presenti toponomastici che ricordano gli antichi abitanti di quei luoghi: piazza Francesi, rua Catalana, via Loggia dei Pisani, via dei Fiorentini.

A Carlo II successe Roberto d’Angiò, che regnò per lungo tempo, durante il quale la capitale continuò il suo sviluppo. Fu durante il regno di Roberto che Giovanni Boccaccio trascorse 13 anni della sua giovinezza a Napoli. Egli abitava nel quartiere dei fiorentini. Conobbe Fiammetta nella chiesa di San Lorenzo, che in realtà era Maria d’Aquino, figlia illegittima di Roberto d’Angiò. Durante il soggiorno partenopeo scrisse alcune delle sue opere giovanili. Egli si ispirò alla vita convulsa della città in alcune novelle del Decamerone.

Anche Francesco Petrarca venne più volte a Napoli. Nella notte del 25 novembre del 1343, mentre il poeta era ospite del convento dei frati minori della chiesa di San Lorenzo, si scatenò una tempesta. Francesco era sveglio quando un violento terremoto scosse le mura del complesso conventuale. La gente si precipitò nelle strade buie in cerca di salvezza. Ma non fu il terremoto a fare vittime.  La mattina dopo Petrarca vide una folla dirigersi verso il mare. Si accodò alla gente e, giunto sulla riva, gli si parò davanti uno spettacolo tremendo. Onde altissime distruggevano tutto quanto si trovava vicino alla spiaggia. Il molo, dove stavano accalcate centinaia di persone, franò improvvisamente, trascinando in mare molti sventurati. Tantissime barche e navi affondarono. Egli fu testimone dell’unico maremoto che abbia colpito la città a memoria d’uomo. 

Nel 1343 morì Roberto e divenne regina la nipote Giovanna I d’Angiò, sposata ad Andrea d’Ungheria. Il suo regno fu molto controverso. Fu accusata di aver fatto uccidere il marito che pretendeva di sostituirla negli affari di stato, ma riuscì a dimostrare la sua innocenza. La vita di Giovanna I viene spesso confusa con quella di Giovanna II che fu ugualmente una vita dissoluta.

Il penultimo angioino a regnare a Napoli fu Ladislao I d’Angiò-Durazzo, che salì sul trono nel 1386 a soli 10 anni di età, con la reggenza della madre Margherita di Durazzo, nipote di Giovanna I.

Ladislao, diventato maggiorenne, cercò di unificare sotto la sua corona tutta l’Italia. Dovette prima combattere contro i feudatari del regno che minavano il suo potere, in particolare contro il principato di Taranto. Riuscì quasi nell’impresa di riunificare la penisola quando lo colse la morte nel 1414 a causa della sifilide o, come si racconta, avvelenato da una fanciulla perugina, figlia del medico al quale si era rivolto per curare la sua malattia.

Gli subentrò la sorella Giovanna II, che ebbe molte difficoltà nella difesa del regno dalle mire francesi. Cercò di superarle contraendo due matrimoni e avendo numerosi amanti. Dovette barcamenarsi anche con gli aragonesi, che ella stessa aveva chiamato in aiuto per far fronte a Luigi III d’Angiò, che aspirava a sostituirla sul trono di Napoli.

Alla sua morte, avvenuta nel 1435 lasciò il regno in eredità al fratello di Luigi d’Angiò, Renato. Si accese una guerra di successione tra Renato d’Angiò e Alfonso V d’Aragona che riteneva di essere il legittimo successore di Giovanna. Il 12 giugno 1442, durante l’assedio di Napoli, alcuni soldati di Alfonso V riuscirono a entrare in città attraverso un antico cunicolo che sbucava in una povera casa di un sarto nella zona della chiesa di Santa Sofia. Gli incursori di Alfonso aprirono una delle porte della città facendo entrare il grosso dell’esercito. Novecento anni prima il generale bizantino Belisario aveva utilizzato lo stesso cunicolo per penetrare nella città che stava assediando.

Gli aragonesi (1442 – 1501)

Nel 1442 Alfonso I divenne re di Napoli, dando inizio alla dinastia aragonese a Napoli, che si protrasse fino al 1501.

Durante il periodo aragonese Napoli ebbe un notevole sviluppo urbanistico. La popolazione superò i 100.000 abitanti. Alfonso si circondò di funzionari di origine catalana, facendosi nemici i nobili napoletani che si videro spodestati dai loro remunerativi incarichi. Nel 1486 questo malcontento sfociò nella cosiddetta “congiura dei baroni”. Il crescente malumore della nobiltà partenopea stava per sfociare in una rivolta aperta contro re Ferrante (Ferdinando) d’Aragona, figlio illegittimo di Alfonso I morto nel 1458. Ferrante, con un astuto stratagemma, riunì i baroni ribelli nel Maschio Angioino, nella sala oggi denominata Sala dei Baroni, dove furono tutti catturati e fatti giustiziare.

 Ferrante d’Aragona ospitò Maria Balsa, probabilmente figlia di Vlad III di Valacchia, meglio conosciuto con il soprannome di Dracula. Maria Balsa, giunta a Napoli al seguito di Maria Comnena, vedova del re d’Albania Giorgio Castriota Skanderbeg, sposò un nobile napoletano con il quale ebbe due figlie. 

L’ultimo re aragonese a Napoli fu Federico I che regnò dal 1496 al 1501. Egli fu tradito da suo cugino, Ferdinando II il Cattolico, che si accordò segretamente con il re di Francia Luigi XII per spartirsi il regno di Napoli. Federico, che ignorava l’accordo tra i due, aprì fiduciosamente le porte delle fortezze all’esercito spagnolo guidato dal cugino.

Conobbe il tradimento perpetrato alle sue spalle quando anche l’esercito francese entrò nel regno, appoggiato dagli spagnoli che si erano acquartierati in Calabria. I due eserciti, lo spagnolo proveniente dal sud e il francese proveniente dal nord, strinsero in una morsa Napoli. Capua assediata dai francesi, iniziò trattative per la resa. A tradimento le truppe entrarono nella cittadina uccidendo più di settemila abitanti. Cesare Borgia, comandante dei francesi, tenne a sua disposizione le 40 donne più belle della città.  Federico, non avendo altra via d’uscita, si accordò con Luigi XII per la cessione del suo reame in cambio della contea del Maine. Nel 1501 lasciò Napoli senza che gli accordi fossero rispettati dai francesi. Morì a Tours nel 1504.