
NAPOLI AL TEMPO DI …
di Silvano Napolitano
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New Orleans è una città statunitense situata sul delta del Mississippi, affacciata sul Golfo del Messico. A causa della sua posizione tra il fiume, che attraversa gli Stati Uniti da nord a sud, e il mare è abitata da persone delle più diverse provenienze e culture. Alla fine del 1800 New Orleans contava circa 270.000 abitanti. Una parte di questi aveva antiche radici francesi, poiché la città era stata fondata da coloni francofoni. Poi, alla metà del XVIII secolo, era passata sotto il controllo spagnolo. Agli inizi dell’800 era tornata alla Francia per essere in seguito venduta, insieme a tutta la Louisiana, agli Stati Uniti. A causa della sua storia travagliata era presente una variegata popolazione: gente di origine spagnola e francese, anglo-americani, una folta rappresentanza di afro-americani ex schiavi e, ultimi arrivati, immigrati italiani.
Questi erano circa 30.000 e provenivano per la maggior parte dalla Sicilia. La loro posizione sociale era appena un gradino più alta di quella degli afro-americani. Erano considerati dei mezzi neri, anche per il colore della loro carnagione bruna. Le teorie di Lombroso avevano fatto presa oltre che in Italia anche in America. L’antropologo, in base alla conformazione fisica, in particolare quella del cranio, teorizzava che gli abitanti del meridione d’Italia erano particolarmente portati alla delinquenza. In effetti molte bande criminali degli Stati Uniti erano formate da italo-americani. A New Orleans gli italiani venivano chiamati “dagoes”, espressione che proveniva da dagger (pugnale), l’arma preferita dai delinquenti locali tra i quali spiccavano due famiglie di origine siciliana, i Provenzano e i Matranga. Le due famiglie erano in guerra per conquistare il controllo dei traffici illegali.
Il capo della polizia cittadina, David Hennessy, veniva considerato di volta in volta simpatizzante dell’una o dell’altra famiglia malavitosa. A seguito di un omicidio di un esponente dei Provenzano, Hennessy aveva arrestato due componenti della banda dei Matranga. Il capo della polizia doveva recarsi in tribunale per rendere testimonianza nel processo che ne seguì, in cui erano coinvolti sia i Matranga che i Provenzano. I Matranga sospettavano che Hennessy avesse accettato un’ingente somma di denaro dai Provenzano per deporre a loro favore. La notte precedente la testimonianza, il 15 ottobre del 1890, un gruppo di fuoco della famiglia Matranga sparò a Hennessy con dei fucili da caccia mentre stava tornando a casa dopo una lunga giornata di lavoro. Hennessy rispose con la sua pistola d’ordinanza ma non riuscì a colpire i suoi assalitori. Ferito gravemente all’addome fu soccorso da alcuni suoi conoscenti. Poco prima di morire in strada, dove era avvenuta la sparatoria, riuscì a sussurrare ai suoi soccorritori: “Dagoes did it” (I Dagoes lo hanno fatto).
Nei giorni successivi la polizia effettuò delle retate durante le quali vennero arrestati diversi italiani sospettati, a torto o a ragione, di aver partecipato all’omicidio del capo della polizia. Furono 19 i sospetti che vennero rinchiusi senza troppi complimenti in prigione. 11 di questi erano accusati di aver partecipato materialmente all’agguato. Altri 8 erano sospettati di essere dei fiancheggiatori. Questi ultimi, per mancanza di prove, vennero liberati poco dopo.
Nel processo che si svolse nel marzo del 1891 otto degli undici arrestati vennero assolti dalle accuse. Nonostante il giudizio di non colpevolezza, gli imputati furono tenuti in prigione in attesa del processo d’appello. Mentre la comunità italiana festeggiava il verdetto favorevole cresceva il malcontento in città. Il sindaco Joseph Shakespeare e la parte di popolazione più benestante di New Orleans protestarono veementemente accusando le forze di polizia e i giudici di tradimento. Intanto montava il sentimento di odio nei confronti dei “Dagoes”.
Il 14 marzo una folla di manifestanti, valutata dai giornali dell’epoca tra le 2.000 e le 20.000 persone, guidata da rappresentanti della upper class cittadina, si diresse verso la prigione. I buoni patrioti di New Orleans, molti dei quali erano armati con le mitiche Colt o con i più efficaci Winchester, arrivarono alla Parish Prison. Le guardie all’ingresso non furono in grado o non vollero fermare quella moltitudine di esagitati.
Questi entrarono nell’edificio dove si trovavano le celle per prelevare gli 11 italiani coinvolti nell’omicidio di Hennessy. Sei di questi cercarono di fuggire rifugiandosi nel cortile della prigione. Furono raggiunti dai manifestanti e uccisi a colpi di pistola e di Winchester sparati a distanza ravvicinata. Una delle vittime ancora respirava. Fu portata a braccia fuori dalla prigione e impiccata a un albero. Era già morta quando fu tirata su, attaccata al cappio.
Gli altri cinque malcapitati, prelevati dalle celle, furono trascinati fuori dall’edificio e impiccati con corde fatte passare tra i rami degli alberi. Nell’ultima impiccagione il nodo scorsoio si sciolse. L’impiccato cadde a terra. Era già morto. Nonostante ciò gli fu rimesso il cappio e venne riappeso all’albero.
Le undici vittime del linciaggio erano tutte italiane, la maggioranza proveniva dalla Sicilia. I loro nomi erano: Antonio Abbagnato, Girolamo Caruso, Antonio Marchesi (o Antonio Grimando), Pietro Monastero, Emanuele Polizzi, Frank Romero, Antonio Scafidi, Vincenzo Traina, Rocco Geraci e Loreto Comitis. Alcuni di questi erano dei veri banditi. Altri non erano mai stati coinvolti in azioni criminali.

RACCONTI DA CAPRI
di Silvano Napolitano
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Il console italiano a New Orleans si recò subito sul posto e poté verificare con i suoi occhi lo scempio di quei poveri corpi. Fu anche lui aggredito da tre facinorosi che si erano soffermati dove era avvenuto il linciaggio. Il console fortunatamente era armato e spianò la pistola contro i suoi aggressori. Alla vista dell’arma questi si allontanarono velocemente.
Un accordo tra Italia e Stati Uniti prevedeva che gli italiani godessero degli stessi diritti e di uguali prerogative dei cittadini statunitensi. L’accordo naturalmente era stato sottoscritto dalle autorità federali di Washington. Ogni stato della federazione aveva proprie leggi e una propria costituzione. Pochi di questi avevano modificato la propria legislazione in base al trattato. Pertanto l’uguaglianza tra italiani e americani era solo sulla carta.
Ci fu una richiesta ufficiale del ministero degli esteri italiano perché i responsabili del linciaggio fossero identificati e sottoposti al giusto processo. Inoltre ci fu la richiesta che venisse disposto il pagamento di un’adeguata somma di denaro, quale risarcimento, in favore delle famiglie degli uccisi. Il governo federale non volle impegnarsi al posto della Louisiana, stato nel quale era avvenuto il massacro. In effetti nulla potevano le autorità federali poiché le corti di giustizia locali, che amministravano le leggi statali, erano impermeabili alle sollecitazioni di Washington.
L’autorità giudiziaria di New Orleans si era nel frattempo arresa all’evidenza. Non poteva processare le 2.000 o 20.000 persone che avevano partecipato al linciaggio. Inoltre non volle o non riuscì a identificare i promotori del massacro. Quella folla di scalmanati era stata guidata dalle persone più in vista della città.
Lo scontro diplomatico fu durissimo. Si arrivò al ritiro di entrambi gli ambasciatori. I giornali americani rappresentavano l’Italia come difensore dei mafiosi. Parlarono anche di rappresaglie navali che l’Italia stava preparando contro gli Stati Uniti. Sembra che effettivamente il presidente del consiglio dei ministri, Antonio Starabba di Rudinì avesse ordinato a una cannoniera italiana, che si trovava in visita a Cuba, di spostarsi nella baia sulle cui rive si adagia New Orleans, pronta ad effettuare un bombardamento della città.
Il 9 dicembre del 1891 il presidente degli Stati Uniti Benjamin Harrison, al fine di raffreddare il clima bellicoso tra i due paesi approfittò della sua relazione al Congresso sullo stato dell’Unione per condannare con asprezza il massacro dichiarando che quanto successo era un crimine contro l’umanità oltre che una grave inosservanza delle leggi. Il governo federale riconobbe alle famiglie interessate un risarcimento che tuttavia fu di molto inferiore alle richieste del governo italiano. Nell’anno successivo la costituzione degli Stati Uniti venne modificata. Fu previsto l’ampliamento dei poteri del governo federali nei confronti degli stati aderenti alla federazione relativamente alla normativa che riguardava il trattamento degli stranieri immigrati.
Nel 2019 le autorità di New Orleans, su sollecitazione di alcune associazioni italo-americane, hanno riconosciuto le colpe della città nel linciaggio degli undici italiani. La sindaca LaToya Cantrell ha porto le scuse ufficiali alla comunità italiana per il massacro del 1890.
(Foto in alto: linciaggio di New Orleans, E. Benjamin, History of the United States, 1912)