
NAPOLI AL TEMPO DI …
di Silvano Napolitano
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Il governo argentino, costituito da una giunta militare responsabile del rapimento e della sparizione di decine di migliaia di cittadini accusati di comunismo, traballava per i cattivi risultati economici e la crescente opposizione dei cittadini, ormai consapevoli delle gravi violazioni dei diritti umani di cui era responsabile la giunta militare.
Per riguadagnare l’appoggio della popolazione, riaccendendo l’orgoglio patriottico, la giunta, guidata dal generale Leopoldo Galtieri, mirò alla riconquista delle isole Falkland, che gli argentini chiamano Malvinas. L’arcipelago era sotto la sovranità britannica. Esso è situato nel sud-ovest dell’Argentina, 600 Km. al largo di Port Gallegos. Sotto la denominazione Falkland, oltre alle omonime due isole, divise da uno stretto canale, vengono comprese anche le isole della Georgia del Sud e le isole Sandwich Australi, sperdute nell’immensità dell’Atlantico, 1000 km. a ovest della Falkland.
L’Argentina, fin dalla costituzione dello stato indipendente avvenuto nel 1810, ne rivendicava la sovranità senza alcun successo. L’arcipelago delle Falkland già dall’ottocento era stato popolato da migranti britannici per lo più provenienti dalla Scozia.
Alle Falkland nel 1982 era presente una popolazione di circa 2.000 cittadini britannici, inoltre era presente una piccola guarnigione militare formata da 68 fanti e 11 marinai, e 25 uomini della difesa territoriale. Era anche dislocata presso l’arcipelago un’unità navale inglese, il pattugliatore civile Forrest. Il governatore delle isole all’epoca era Rex Hunt. Le altre isole erano disabitate, fatta eccezione di piccole basi militari.
L’intenzione di conquistare le Malvinas da parte della giunta argentina era incoraggiata anche dalla politica ambigua del Regno Unito, che aveva in parte cancellati i diritti di cittadinanza dei britannici delle sue dipendenze oltremare. Aveva inoltre dismesso o stava per dismettere, per motivi economici, alcune unità navali indispensabili alla difesa dei suoi territori lontani dalla madrepatria.
I generali della giunta militare si convinsero che un’azione militare, tesa a occupare le Malvinas, avrebbe provocato solo una reazione diplomatica da parte degli inglesi. Lo status quo, con la presenza dei militari argentini sulle isole, sarebbe diventata una situazione irreversibile. Al massimo gli inglesi avrebbero potuto ottenere in sede ONU e dopo trattative dirette, riconoscimenti e garanzie per i cittadini britannici residenti sull’arcipelago. Inoltre i sudamericani contavano sull’appoggio degli Stati Uniti, legati all’Argentina dal Trattato Interamericano di Assistenza Reciproca, che comunque valeva solo in caso di aggressione e non nel caso che gli aggressori fossero i sottoscrittori del trattato.
Il generale Galtieri e la giunta militare non vollero considerare lo speciale legame tra gli Stati Uniti e il Regno Unito, il potere diplomatico degli inglesi e la forza militare che gli stessi conservavano nonostante le dismissioni di alcune unità navali.
Il 31 marzo del 1982 il comando delle forze armate britanniche avvisò il governatore della Falkland, Rex Hunt, che l’attacco argentino era imminente. I pochi militari presenti sull’isola si prepararono a ricevere gli argentini. Abbandonarono la caserma e il palazzo del governatore, prendendo posizione in alcune casematte al comando del maggiore Mike Norman.
Il 1° aprile, alle ore 21, gli argentini sbarcarono sull’isola con 84 uomini che si diressero velocemente verso la caserma. Solo dopo un intenso fuoco sull’edificio si resero conto che la stessa era stata abbandonata. Deviarono allora verso il palazzo del governatore dove tre marines di sua maestà li aspettavano. Ci fu un violento scambio di colpi tra i marines e i militari argentini che dovettero fermarsi. Tre militari argentini caddero nel conflitto a fuoco. Gli argentini dovettero chiedere rinforzi dall’unità navale che li aveva sbarcati, il cacciatorpediniere Santissima Trinidad.
Solo dopo che i tre marines si erano convinti di essere circondati da ingenti forze, si arresero agli argentini. Nel frattempo altri reparti argentini, con blindati e armi pesanti, sbarcarono dalla nave Cabo San Antonio. Il mattino seguente le restanti forze britanniche, ritenendo ormai inutile la resistenza, visto l’ingente numero di forze avversarie sbarcate, trattarono la resa. Il governatore fu imbarcato su un aereo argentino che decollò dall’unico aeroporto presente sull’isola. Fu trasferito a Montevideo in Uruguay, da dove poté fare ritorno in Inghilterra.
Nei giorni seguenti le forze argentine sbarcarono sulle isole della Georgia del Sud, dove il distaccamento militare inglese diede filo da torcere agli invasori, che riuscirono a occupare l’isola solo dopo alcuni giorni di aspri combattimenti.
Nel frattempo i militari sudamericani presero possesso delle Falkland, consolidando la presenza militare. Sostituirono le norme inglesi preesistenti con quelle argentine. Cambiarono anche il codice della strada adottando la circolazione a destra, spostando i segnali stradali sulla destra e disegnando frecce sulle strade per ricordare il senso di marcia ai civili. Comunque i residenti continuarono imperterriti a guidare all’inglese a rischio di gravi incidenti tra le loro auto e i mezzi militari argentini.

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Il Regno Unito iniziò la sua controffensiva diplomatica, sia in sede ONU che presso i vari paesi amici. Gli Stati Uniti erano presi tra due fuochi: il Trattato Interamericano di Assistenza Reciproca e l’alleanza NATO, senza contare gli speciali rapporti che in quel momento intercorrevano tra il presidente degli USA, Ronald Reagan, e il primo ministro britannico, la lady di ferro Margaret Tatcher. Alla fine Reagan, pur mantenendo un’ufficiale equidistanza tra i due contendenti, diede un sostanziale appoggio al Regno Unito. All’ONU fu approvata la risoluzione 502 che chiedeva il ritiro degli argentini dalle isole contese.
La proposta degli inglesi di far decidere alla popolazione, in base al principio della autodeterminazione dei popoli, venne respinta dalla giunta argentina. Il primo ministro inglese Margaret Tatcher convocò il comandante della Royal Army, il Capo di Stato Maggiore Sir Henry Leach, chiedendo se la marina inglese fosse in grado di riconquistare le isole. La risposta del Primo Lord del Mare fu: “Sì, possiamo riprendercele. Anzi dobbiamo”. Così nacque l’operazione “Corporate”.
Le forze inglesi messe in campo erano costituite da unità della Royal Navy. Consistevano in due portaerei, la Invincible e la Hermes, entrambi con aerei caccia bombardieri Sea Harrier ed elicotteri Sea King, 8 cacciatorpediniere, 13 fregate, 8 navi da sbarco, 6 sommergibili di cui 5 nucleari, 10 petroliere, 6 navi di rifornimento e supporto. Inoltre la squadra era integrata da varie navi civili requisite per l’occorrenza, tra le quali spiccavano i transatlantici Canberra e Queen Elisabeth 2. Un’altra portaerei, la Illustrious, entrò in servizio partecipando all’operazione ed effettuando il minimo addestramento durante la traversata di avvicinamento. Inoltre furono forniti, a spedizione già in corso, aerei Harrier GR2. Le forze aeree misero in campo i bombardieri Avro Vulcan (che facevano base nell’isola di Ascension). Imbarcati sulle navi c’erano reparti di Royal Marines e di parà. Il comando della spedizione era di Sir John Fieldhouse, che operava da Londra.
La forza navale inglese messa in campo era davvero impressionante, superiore sia come numero che come qualità alle forze navali argentine. Esse consistevano nella portaerei Veinticinco de Mayo, l’incrociatore Belgrano, 4 cacciatorpediniere, 1 sottomarino, fanteria marittima e fanteria dell’esercito. L’Argentina comunque poteva contare sulle forze aeree che erano fornite di moderni aerei SuperEnterad, Pucarà e Aermacchi, oltre a C-130 per il trasporto truppe e materiale. Inoltre i militari argentini godevano del vantaggio di operare praticamente in casa loro, con tutti gli appoggi logistici a portata di mano.
L’operazione “Commodoro” divenne operativa il 19 aprile quando la prima unità navale britannica, il sottomarino Conqueror, arrivò nelle acque delle Falkland.
Fu deciso subito di riconquistare la Georgia del Sud essendo molto più facile, viste le esigue forze argentine che avevano occupato l’isola, ma la cui riconquista avrebbe portato morale alle truppe. Il 21 aprile sbarcarono sull’isola reparti di marines e SAS con l’appoggio di due fregate e due cacciatorpediniere, un rompighiaccio e un sottomarino atomico. Un sottomarino Argentino, il Santa Fe, che fu individuato nella zona d’attacco, fu colpito con bombe di profondità e gravemente danneggiato. Per non affondare andò a insabbiarsi sulle coste dell’isola. L’equipaggio poté sbarcare sull’isola unendosi ai loro commilitoni a terra. La guarnigione argentina fu fatta oggetto di un intenso fuoco, coadiuvato dai cannoni delle unità navali. Dopo poco si arresero. Il comando della Royal Navy inviò il seguente messaggio a Londra: “Compiacetevi di informare Sua Maestà che la Union Jack sventola nella Georgia del Sud. Dio salvi la Regina”.
Il 26 aprile una squadra navale argentina mosse verso la flotta inglese dal porto di Ushuaia. Era formata dall’incrociatore Belgrano e due cacciatorpediniere. La portaerei Veinticinco de Mayo, proveniente da nord, si doveva unire alle altre unità. Essa ebbe un guasto alle catapulte rimanendo senza la possibilità di lanciare i suoi aerei. La spedizione fu annullata e la Belgrano invertì la rotta. Il 2 maggio il sommergibile atomico inglese Conqueror individuò la Belgrano. Chiese l’autorizzazione ad attaccare a Londra. Margaret Tatcher in persona autorizzò l’attacco. La Belgrano fu colpita da due siluri e affondò. Si contarono 323 morti, altri 770 marinai argentini furono raccolti e salvati dalle navi giunte in soccorso.

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La vendetta argentina non tardò. Due giorni dopo due aerei SuperEnterad, armati ognuno di un missile Exocet incrociarono un gruppo navale inglese formato dai cacciatorpediniere Glasgow, Sheffield e altre navi. I due aerei lanciarono i loro missili su due unità navali. La fregata Yarmouth riuscì con una manovra a evitare il missile, invece la Sheffield fu colpita e affondò. Si contarono 20 morti e 24 feriti.
In un successivo attacco dell’aviazione argentina la Glasgow fu colpita da una bomba che la attraversò da parte a parte senza scoppiare. Imbarcò una notevole quantità d’acqua ma non affondò poiché le paratie stagne erano tutte prudentemente chiuse. Restò operativa ancora qualche giorno finché non arrivò la sua sostituzione dall’Inghilterra.
Per fermare gli attacchi aerei argentini fu programmata un’operazione per distruggere la base dei SuperEnterad sulla terraferma, a Rio Grande. Due aerei Hercules C-130 con a bordo 64 uomini delle SAS avrebbero dovuto atterrare in incognito sulla pista della base a Rio Grande. Questo gruppo doveva essere supportato da altri 24 incursori della marina che sarebbero stati trasportati in prossimità della spiaggia antistante la base aerea con un sottomarino e trasferiti sulla terraferma con battelli gonfiabili di tipo Zodiac. Nella base argentina erano dislocati quattro battaglioni di fanteria della marina argentina. L’operazione non ebbe luogo a causa di un incidente con un elicottero inglese Sea King di ricognizione che, trovandosi sul territorio argentino, dovette deviare, a causa delle cattive condizioni meteorologiche, su suolo cileno dove atterrò. Il caso scatenò le proteste argentine a livello internazionale per la presenza nei cieli argentini dell’elicottero britannico. Si ritenne quindi poco opportuno procedere con l’operazione a Rio Grande, che a questo punto sarebbe stata vissuta, anche a livello internazionale, come una vera e propria invasione del territorio argentino.
Anche la controparte aveva preparato un piano d’attacco in Europa contro i britannici. Le forze armate argentine stavano preparando un blitz a Gibilterra. L’operazione abortì per la ferma opposizione della Spagna, che minacciò ritorsioni militari contro le unità aeree o navali che avessero partecipato all’operazione che si sarebbe svolta praticamente su suolo spagnolo.
Oltre alle schermaglie di guerra tra la Royal Navy e le forze argentine, la marina inglese portava avanti la preparazione dello sbarco dei propri uomini sulle Falkland.
A questo proposito le tre portaerei inglesi lanciavano continue missioni di bombardamento contro le postazioni militari argentine sull’isola. Anche bombardieri di base nell’isola di Ascension collaboravano con ripetuti bombardamenti. Fu colpita e seriamente danneggiata la pista dell’aeroporto di Port Stanley, capoluogo dell’isola.
Il 21 maggio ci fu lo sbarco degli inglesi sulle isole Falkland. Un primo gruppo di 4.000 uomini formati da parà e marines sbarcò nella baia di San Carlos, nel nord dell’isola East Falkland, una settantina di chilometri a ovest della capitale Port Stanley. La zona fu sottoposta a un intensissimo bombardamento da parte delle forze argentine. Furono affondate due fregate, un cacciatorpediniere e una nave appoggio inglese. Insieme alla nave appoggio vennero perduti quasi tutti gli elicotteri Chinhook destinati all’operazione di sbarco.
Il 26 maggio furono sbarcati altri 500 uomini sullo stretto istmo che collega le due parti in cui è divisa l’isola est, impedendo il trasferimento di forze nemiche da un lato all’altro dell’isola. Dall’altro lato dell’istmo era stanziata la base argentina di Goose Green, con un aeroporto in terra battuta da cui decollavano aerei d’attacco Pucarà ed elicotteri. I militari inglesi attaccarono in forze la base difesa da 1.050 argentini. Ci vollero due giorni perché il comandante argentino Italo Piaggi dichiarasse la resa.
Mentre altri uomini delle forze inglesi sbarcavano sull’isola, i reparti di marines e parà iniziarono l’avvicinamento a Port Stanley. Avevano un solo elicottero a disposizione per il trasporto truppe. Lentamente proseguirono verso la meta avendo ripetuti scontri con i reparti argentini, con perdite di vite umane da entrambi i lati. Gli inglesi, con una semplice telefonata da un telefono pubblico, furono informati da un cittadino britannico che i militari argentini avevano abbandonato la località di Bluff Cove, a poca distanza da Port Stanley. Immediatamente alcuni reparti, trasportati dall’unico elicottero ancora operativo, presero possesso della cittadina dove fu preparata una testa di ponte per la definitiva conquista della capitale.
Il 13 giugno i britannici occuparono tutti i punti strategici attorno a Port Stanley. L’assedio alla capitale durò 4 giorni, duranti i quali i militari argentini furono completamente bloccati all’interno delle loro postazioni difensive a causa del fuoco inglese su ogni bersaglio mobile. Nella serata del 14 giugno il comandante inglese incontrò il comandante delle forze argentine asserragliate a Port Stanley. Gli argentini si arresero e 8000 militari furono fatti prigionieri. Prigionia solo formale poiché, subito dopo, il transatlantico Canberra rimpatriò tutti i militari argentini. Il 14 giugno del 1982 gli inglesi avevano ripreso possesso delle isole Falkland. Il 20 giugno si arrese anche la base argentina sulle isole Sandwich australi.
La guerra era terminata. Le perdite umane furono ingenti: 649 argentini, di cui 16 civili, e 258 britannici, di cui 9 civili. Ingenti furono anche le perdite materiali: 8 unità navali e 62 aerei per gli argentini, 7 navi e 10 aerei per i britannici.
I cittadini delle Falkland, dopo la guerra, riottennero la piena cittadinanza britannica insieme ai cittadini di Gibilterra. Inoltre sull’isola furono dislocate forze militari in numero molto superiore a quelle presenti prima del conflitto.
Nel 1983 la giunta militare argentina, a causa dell’umiliante sconfitta subita e delle proteste popolari crescenti, diede le dimissioni. Subentrò un governo eletto con libere elezioni.
Con la vittoria nella guerra delle Falkland il Regno Unito dimostrò la sua capacità di intervenire militarmente e in modo massiccio in ogni parte del mondo per difendere gli interessi vitali della nazione.
(immagine in alto: Isole Falkland – NASA Shuttle Topography Mission)