
NAPOLI AL TEMPO DI …
di Silvano Napolitano
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Era la notte del 23 gennaio del 1806. Maria Carolina, mentre fuggiva da Napoli sulla nave Archimede per raggiungere Palermo con la famiglia reale, la corte e tutte le ricchezze del regno, ebbe il presentimento che non sarebbe più tornata in quella città, teatro delle sue ambizioni. Fu lei a volere la fuga precipitosa, quando l’esercito francese del generale Andrea Massena era ancora lontano da Napoli. Dopo la decapitazione della sorella Maria Antonietta, regina di Francia, avvenuta nel 1793 a Parigi a opera dei rivoluzionari, viveva nel terrore di fare la stessa fine per mano dei “giacobini”. Così lei apostrofava i rivoluzionari francesi e i simpatizzanti napoletani della stessa.
La granduchessa d’Austria Maria Carolina d’Asburgo Lorena, chiamata in famiglia Charlotte, era nata a Vienna il 13 agosto 1752, nel castello di Schönbrunn, 13ma figlia dell’imperatore Francesco I e di Maria Teresa d’Austria.
Durante l’infanzia ebbe uno stretto legame con la sorella minore Maria Antonietta. A 15 anni, a causa di comportamenti disdicevoli delle due giovanette, fu separata dalla sorella. Quando Maria Giuseppina, altra sua sorella, promessa sposa del Re di Napoli Ferdinando IV di Borbone, morì per aver contratto il vaiolo, Maria Carolina fu destinata a sostituirla come sposa di Ferdinando. Il 7 aprile 1768, a soli 16 anni, sposò per procura Ferdinando che, pur essendo già re di Napoli, aveva solo un anno più di lei.
Il 12 maggio sbarcò nel Regno di Napoli, a Terracina, accompagnata da suo fratello, il granduca di Toscana e dalla moglie Maria Luisa. A Portella incontrò per la prima volta il marito. Maria Carolina rimase delusa, Ferdinando parlava esclusivamente in dialetto e non era molto istruito. Carolina lo trovò “molto brutto”. Inoltre Ferdinando non mostrava alcun interesse per il governo. Il sentimento di delusione era condiviso anche da Ferdinando al quale Carolina non riusciva simpatica.

I BONAPARTE. Una storia quasi italiana
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Il primo ministro Bernardo Tanucci, che era stato incaricato da Carlo III, padre del giovane re, di curare l’amministrazione del regno, non piacque a Maria Carolina che, fin dal primo giorno, decise di prendere nelle sue mani il bastone del comando. Re Ferdinando, soprannominato dal popolo “Re lazzarone”, agli impegni ufficiali preferiva la caccia, il gioco delle carte e le donne, preferibilmente popolane. Frequentava in incognito le bettole e le bische di Santa Lucia, quartiere di pescatori adiacente la reggia. Per ottenere il potere era necessario alla regina generare un erede maschio. Solo a seguito di questo evento sarebbe diventata membro del consiglio della corona. Così era previsto nel contratto matrimoniale.
Nel 1775, dopo due figlie femmine, nacque l’erede al trono che fu chiamato Carlo Tito. Il bambino purtroppo morì dopo pochi anni. Nel 1777 venne alla luce un altro maschio, Francesco. In seguito all’evento Maria Carolina entrò a far parte del consiglio della corona. I suoi primi atti mirarono a liberarsi del primo ministro Bernardo Tanucci. Egli governava ascoltando i consigli del padre del re, Carlo III, che aveva lasciato il trono al suo terzogenito per assumere la carica di re di Spagna. La politica portata avanti da Carolina mirava invece a liberarsi della tutela della Spagna, per stringere un’alleanza con l’Austria. La regina sostituì Tanucci con Beccadelli, principe di Sambuca, quale capo del governo, in realtà era lei la fonte di tutti i provvedimenti governativi.
Tra il 1780 e il 1793 Carolina governò con la massima apertura mentale, favorendo le istanze libertarie e massoniche degli intellettuali napoletani. Fu sua bibliotecaria e amica particolare la letterata Eleonora de Fonseca Pimentel, la poetessa delle libertà civili, una delle prime giacobine a Napoli. Promosse anche le arti. Il pittore Philippe Hackert ebbe l’incarico di affrescare le volte della reggia di Carditello, usata come casino di caccia da re Ferdinando. Tra i letterati, oltre alla de Fonseca, ebbero la protezione reale anche liberali e massonici come Domenico Cirillo e Gaetano Filangieri. Promosse la colonia di S. Leucio, con il relativo statuto, che fu un esempio di liberalismo sociale ante litteram.
Dopo la nomina di Acton, amante della regina, a primo ministro, Maria Carolina si recò a Vienna per stringere più forti legami con l’Austria, favorita dalla madre, l’Arciduchessa Maria Teresa. A Vienna combinò i matrimoni di due sue figlie: Maria Teresa con il futuro imperatore d’Austria e Maria Amalia con l’erede del Granducato di Toscana.
La regina non aveva freni morali, ebbe molti amori tra nobili e meno nobili anche a causa del disinteresse che il marito mostrava verso di lei. Ebbe comunque diciotto figli con Ferdinando, di cui solo sette giunsero all’età adulta. Nelle presunte “Confessioni di Maria Carolina in punto di morte”, riportate da Giovanni La Cecilia, la regina racconta che, per una scommessa fatta con la marchesa di Santo Marco, si recò più volte in incognito, insieme alla marchesa, in una nota casa di piacere sita in via San Camillo. Le due spiavano di nascosto l’attività degli ospiti. Alcune malelingue del tempo dicevano che le nobildonne uscissero dalla casa con lauti guadagni.
Sempre nelle “Confessioni” Maria Carolina scrisse “Il giovane sacerdote F… cappellano della real chiesa del palazzo, mi piacque oltremodo, lo feci segretamente introdurre nel gabinetto di toeletta…, udii rumori di passi, e subito mutando atteggiamento conclamai, gridando all’oltraggio, all’offesa, come la sposa di Putifar; il re che sopravveniva, trovò il misero quasi dissennato, credendo perfidia mia l’opera, … lo caricarono di catene, lo strascinarono in un sotterraneo del Castello Nuovo…”. Bisogna aggiungere che ci sono seri dubbi sulla autenticità delle “Confessioni”, ma mentre il primo episodio sembra confermato anche da altre fonti, il secondo, anche se verosimile, non ha conferme.
La rivoluzione francese, con la condanna a morte della sua sorella preferita, comportò un cambiamento profondo in Maria Carolina. La regina, da promotrice delle idee liberali, si trasformò nella più implacabile persecutrice di giacobini e simpatizzanti della rivoluzione. Cacciò dall’incarico di bibliotecaria Eleonora de Fonseca Pimentel, sospettata di essere rivoluzionaria. Orientò la politica del regno di Napoli verso l’Inghilterra in funzione antifrancese. Al fine di ottenere ciò usò i suoi soliti metodi. Strinse un’amicizia particolare con Emma Hamilton, moglie dell’ambasciatore inglese a Napoli. Emma a sua volta divenne l’amante di Horatio Nelson, ammiraglio inglese che sostava spesso nel porto, davanti Castel Nuovo, con la sua flotta. Per il tramite di Emma la regina e Ferdinando entrarono in grande amicizia con il Nelson.

RACCONTI DA CAPRI
di Silvano Napolitano
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Nel 1798, alla fine di ottobre, la regina brigò perché Napoli dichiarasse guerra alla Repubblica Romana. Ferdinando IV si avviò con un esercito di 80.000 soldati verso Roma per ristabilire il potere temporale del papa, entrò a Roma dichiarandosi occupante della città eterna tra l’ironia dei romani. I francesi, tutori della Repubblica Romana, con le loro truppe comandate dal generale Championnet affrontarono l’esercito borbonico costringendolo a una precipitosa ritirata. Poi proseguirono verso Napoli per costituire anche nel Sud Italia una repubblica rivoluzionaria.
La famiglia reale, nottetempo, fuggì a Palermo a bordo della nave inglese Vanguard comandata da Horatio Nelson. La Vanguard era scortata dal vascello Sannite, comandato da Francesco Caracciolo, che trasportava il resto della corte reale. I reali e la corte presero alloggio a Palazzo dei Normanni.
Dopo pochi mesi, Ferdinando, fomentato dalla regina, diede incarico al cardinale Ruffo, di origine calabrese, di formare un esercito e riconquistare il regno. Il cardinale sbarcò in Calabria e con le sue accese prediche convinse gli strati più umili della popolazione a unirsi nell’Esercito della Santa Fede.
L’Esercito sanfedista marciò verso Napoli, riportando le varie provincie ribelli sotto il potere della corona a costo di barbari efferatezze. Il cardinale Ruffo arrivò a Napoli e, siccome le truppe francesi erano già partite per la Lombardia, sconfisse facilmente i repubblicani, mettendo a ferro e fuoco la città. I repubblicani ripararono nelle fortezze cittadine. Il cardinale offrì agli assediati, che accettarono, una “onorevole capitolazione” con la quale era permesso agli stessi di poter lasciare il regno. Maria Carolina non gradì questa “onorevole capitolazione” che la privava della sua vendetta. Con la complicità di Emma Hamilton convinse Horatio Nelson, che era in porto con la flotta inglese, a disconoscere l’accordo concesso dal cardinale Ruffo.
I reali, con la complicità del Nelson, fecero imprigionare più di 8000 repubblicani. Furono condannati a morte 124 rivoluzionari, rappresentanti della migliore intellighenzia napoletana, 544 furono condannati all’ergastolo e a varie pene detentive, 67 esiliati. Tra i condannati a morte ci furono: Cirillo, Baffi, Pacifico, Pagano, Gennaro Serra di Cassano, Eleonora Pimentel che, per vendetta personale di Maria Carolina, fu impiccata nonostante fosse di nobile casato.
L’ammiraglio Francesco Caracciolo, che aveva abbracciato la causa repubblicana, fu impiccato all’albero di trinchetto della nave Minerva per ordine di Nelson, spinto a ciò da Maria Carolina per il tramite di Emma Hamilton. Gettato in mare, il corpo del Caracciolo riaffiorò più volte nei giorni seguenti, sempre sotto gli occhi del Nelson e dei suoi marinai. un giorno apparve alla presenza del re e della regina ospiti sulla nave di Nelson. Evidentemente il corpo, mal zavorrato, era stato immerso in una zona del porto con acque poco profonde, quindi con la bassa marea usciva dai flutti la testa del cadavere. Terrorizzata dall’apparizione del povero Caracciolo, Maria Carolina si rivolse al cappellano di corte, il quale dispose la immediata sepoltura dei resti dell’ammiraglio nella chiesa di Santa Maria della Catena a S. Lucia.
Mentre le relazioni con la figlia Maria Teresa, moglie dell’imperatore Francesco I, e con l’Austria peggioravano, Maria Carolina combinò i matrimoni del figlio Francesco e della figlia Maria Antonia con i cugini della casa regnante spagnola. Questo non facilitò i rapporti con i francesi di Napoleone, anche in virtù del fatto che a Napoli erano presenti truppe inglesi e russe, paesi che si opponevano al potere napoleonico. A inizio del 1806 i francesi si accinsero a tornare a Napoli.
Il 23 gennaio del 1806 la coppia reale con tutto il proprio seguito, con i tesori della corona e del Banco Nazionale di Napoli (poi Banco di Napoli), si imbarcò sulla nave Archimede e fuggì a Palermo, prendendo di nuovo alloggio a Palazzo dei Normanni. Per proteggere la Sicilia dalle mire francesi Maria Carolina chiese la protezione delle truppe e della flotta inglese. Il regno di Sicilia divenne un protettorato britannico. Si ebbero così due stati: il Regno di Napoli dove Napoleone nominò re prima suo fratello Giuseppe Bonaparte poi, dal 1808, Gioacchino Murat e il Regno di Sicilia dove governava Ferdinando con la moglie Maria Carolina.
Nel 1810, in seguito al matrimonio di Napoleone con Maria Luisa d’Asburgo Lorena, figlia dell’imperatore d’Austria Francesco II e di Maria Teresa, figlia a sua volta di Maria Carolina, il pericolo di una invasione francese della Sicilia si attenuò, poiché fu lo stesso Napoleone a frenare lo spirito bellico del Murat, che era desideroso di invadere anche l’isola per riunificare il regno sotto le sue insegne.
Gli inglesi accusarono la regina di avere contatti con Napoleone attraverso la nipote Maria Luisa e costrinsero Ferdinando a cedere il potere nelle mani del figlio Francesco come suo vicario. Inoltre pretesero l’allontanamento della regina dal regno. Ferdinando non si fece pregare troppo e rispedì Maria Carolina a Vienna. Il re trovò conforto tra le braccia accoglienti di Lucia Migliaccio, duchessa di Floridia, una gentildonna siciliana vedova del Principe di Partanna Benedetto Grifeo, che sposò morganaticamente dopo la morte di Maria Carolina.
Maria Carolina, partita via mare da Palermo nel giugno 1813, fece una lunga crociera passando per Zante, Costantinopoli, Odessa. Da Odessa si recò in Polonia per giungere a Vienna nel gennaio del 1814. Dopo sette mesi, l’8 settembre del 1814, morì nel castello di Hetzendorf a Meidling, vicino Vienna.
(Immagine in alto: Festeggiamenti dopo la fuga dei reali da Napoli, 1799)