Ormai vecchio, vive da recluso in una antica torre di Stoccolma. Quasi cieco, sommerso dai ricordi, al crepuscolo della vita, Axel Munthe soffre di depressione. Ha avuto una vita piena di episodi da raccontare e si appressa l’ora che tutto sarà dimenticato, si accinge a entrare nell’ultimo sogno, così Axel definisce la morte. Fin quando un suo amico gli consiglia di raccontare la storia della sua vita in un libro, così che i ricordi del bello e del brutto della sua esistenza rimangano nella memoria letteraria di un’autobiografia. Nasce così, nel 1929, “La storia di San Michele”, uno dei libri più letti. Probabilmente l’autobiografia di Munthe viene subito dopo la Bibbia come numero di lettori.
Nel 1875, all’età di 18 anni, Axel ha già girato l’Europa grazie ai suoi genitori benestanti. Si iscrive alla facoltà di medicina per appagare il suo desiderio di diventare medico. Durante l’estate di quell’anno visita per la prima volta l’isola di Capri. Rimane sorpreso da quella piccola comunità felice dove ognuno ha il suo ruolo, recita la sua parte. È un appassionato naturalista e una donna del posto lo conduce alla scoperta della bella natura dell’isola. La sua guida, che si chiama Maria Portalettere, un giorno lo conduce sulla sommità della Scala Fenicia, l’antico collegamento tra Marina Grande e Anacapri, dove si trovano le rovine di una villa romana appartenuta all’imperatore Tiberio. Al fianco della villa c’è una piccola cappella dedicata a San Michele. Il giovane svedese è ammaliato da quel luogo isolato tra la natura verdeggiante e le rovine romane. Di fronte può ammirare uno splendido panorama dal quale si abbraccia con lo sguardo l’intero golfo di Napoli, da Punta Campanella a Capo Miseno, decide in cuor suo di ritornare a Capri per fare di quel posto il suo rifugio per la vita.
Tornato a Stoccolma frequenta i corsi di medicina dell’università di Uppsala. Si trasferisce poi a Parigi dove completa i suoi studi come allievo del luminare in psichiatria Jean-Martin Charcot. Laureatosi nel 1880, inizia a esercitare la sua professione a Parigi. La clientela è composta perlopiù da donne nevrotiche alle quali Munthe diagnostica il più delle volte una banale colite in modo da indurle a curarsi per migliorare la qualità della propria vita. La conseguenza di questa “cura” è l’attenuarsi delle nevrosi e la riconquista della fiducia in sé delle pazienti. Il successo tra le ricche borghesi non distoglie Munthe dall’occuparsi delle persone più umili. L’epidemia di difterite che si diffonde tra i bambini di Montparnasse lo vede in prima linea. Si affanna per curare gratuitamente quanti più bambini possibile.
Nel 1880 il medico svedese sposa una sua concittadina, Ultima Hornberg. Il matrimonio si rivela un fallimento e dopo pochi mesi i due divorziano.
Nel 1884 si reca a Napoli, dove è scoppiata un’epidemia di colera. Si dedica alla cura delle vittime del colera prestando la sua opera a favore dei poveri che abitano le case malsane dei quartieri centrali. Questa esperienza lo segna profondamente. Camminando per le strade dei quartieri bassi, così chiamati perché si trovano al disotto del livello del mare, dove le acque di risulta non hanno la possibilità di defluire ristagnando all’aperto, si incontrano decine di corpi abbandonati lungo i vicoli di quei quartieri. I carri della polizia mortuaria passano e li raccolgono, facendo una cernita tra i già morti, che vengono portati nei cimiteri cittadini e sepolti in fosse comuni, e i morenti che vengono condotti negli ospedali. La gran parte di questi muore entro poche ore dal ricovero nonostante le cure che ricevono. Axel Munthe scrive il libro “Lettere da una città dolente”, dove descrive la sua triste esperienza a contatto con i colerosi di Napoli.
Questa storia è tratta dal volume “RACCONTI DA CAPRI” di Silvano Napolitano. AMAZON.IT
Il viaggio a Napoli gli riporta alla mente quella promessa fatta a sé stesso di costruire la sua casa in quell’angolo di paradiso che è Capri, sulla Scala Fenicia, tra le rovine della villa di Tiberio. Per esaudire il suo desiderio ha bisogno di soldi. Ritorna a Parigi dove, oltre a curare la sua clientela di ricche parigine esercita la professione di psichiatra presso l’antico ospedale parigino Salpêtrière, rinomato centro di cura diretto dal suo maestro Charcot. Presto le sue idee su una psichiatria tesa al benessere del paziente si scontra con la realtà dove una persona con un disturbo mentale, che potrebbe essere curato, viene manicomizzato, vedendo aggravare la sua patologia. Le sue teorie lo portano allo scontro con lo stesso Charcot. Per tale motivo viene estromesso dal Salpêtrière.
Questo licenziamento, che è vissuto come un’ingiustizia nei propri confronti, lo convince a far ritorno a Capri, avendo anche messo da parte un discreto gruzzoletto da utilizzare per la realizzazione del suo sogno. È il 1887. Giunto sull’isola contatta immediatamente il proprietario dei terreni e della cappella di San Michele per acquistarli con il denaro guadagnato curando le nevrosi delle annoiate signore. Concluso positivamente l’acquisto, affida la costruzione dell’abitazione a un muratore del luogo, mastro Nicola, aiutato dai suoi tre figli. Il luogo dove deve essere eretta la casa si trova vicino alle rovine della villa romana e accanto alla cappella, su un terreno prospiciente il più bel panorama del mondo. Il progetto viene disegnato dal medico svedese e riportato sul muro della cappella di San Michele.
I soldi terminano a metà dell’opera. Consigliato dal suo amico e connazionale Barone Carl Bildt, ambasciatore svedese in Italia, si trasferisce a Roma per esercitare la sua professione. Nell’Urbe il medico ottiene un immediato successo. Le signore più eleganti di Roma fanno a gara per farsi visitare dall’affascinante Munthe presso il suo elegante studio a Piazza di Spagna. Cura, con modi gentili e garbati, le nevrosi vere o presunte della borghesia romana in cambio di ricchi onorari. In inverno svolge il suo lavoro nello studio romano, in estate torna nella sua amata isola a spendere i soldi messi da parte nella costruzione del suo rifugio caprese.
La villa, da quella piccola costruzione inizialmente progettata dal Munthe, si trasforma man mano in una casa museo con reperti sottratti alle vicine rovine romane e con opere d’arte che il medico si procura durante i suoi numerosi viaggi. La villa è un esempio di architettura spontanea, inondata dal sole e con tante terrazze che si affacciano sul mare del golfo di Napoli. L’avanzare del progetto dei vari ambienti della villa viene riportato sul disegno che lo svedese ha tracciato sul muro della cappella. Il suo amico pittore Aristide Sartori, che quando si trova sull’isola non manca di fargli visita, integra quei disegni con la sua mano felice, arricchendo la costruzione con piccole opere d’arte architettoniche. La cappella diventa lo studio caprese del Munthe, con tanti libri e un bellissimo pianoforte a coda. Lo stile “dilettantesco” della villa di Munthe che ricicla, per quanto possibile, i materiali rinvenuti nei resti della villa romana, aspira a realizzare un manufatto che permetta una vita a contatto con la natura e lasci godere i suoi abitanti del meraviglioso panorama. Il cantiere della dimora del Munthe è lungo e laborioso a causa del luogo remoto in cui la costruzione viene eretta.
Nel 1892 conosce a Stoccolma, per ragioni relative alla sua professione, la principessa Vittoria di Baden, sposata con il principe ereditario del trono di Svezia, Gustavo di Svezia.
Vittoria è figlia del granduca Federico I di Baden e nipote per parte di madre dell’imperatore Guglielmo I di Germania. L’unione con Gustavo, erede al trono di Svezia, è stata concordata tra le due famiglie. Nel 1881 viene celebrato il matrimonio con la partecipazione del gotha europeo. È presente alla cerimonia anche l’imperatore di Germania Guglielmo I accompagnato dalla consorte. Questa unione rappresenta il suggello dell’appartenenza del Regno di Svezia, che comprende anche la Norvegia, all’area culturale e politica germanica.
Il matrimonio tra i due principi si rivela un disastro fin da principio. Nel 1890 i due, che nel frattempo hanno avuto tre figli, fanno un lungo viaggio in Egitto con la speranza di ricucire il rapporto. Queste buone intenzioni falliscono a causa di una presunta bisessualità di Gustavo e di una relazione di Vittoria con un membro della corte reale.
La principessa, di fisico gracile, si ammala a causa dei rigidi e umidi inverni svedesi. Le viene diagnosticata la tubercolosi, aggravata da una bronchite cronica. Il dottor Munthe, che la prende in cura, le consiglia di soggiornare durante l’inverno in luoghi con un clima mite per far fronte a questi malanni. Tra questi luoghi non può fare a meno di citare l’isola di Capri che, per personale esperienza, ritiene essere un posto ideale per la cura delle sue malattie.
Nel 1902 Vittoria decide di lasciare la residenza di Stoccolma, un antico palazzo dove regna il freddo e l’umidità. Trova un posto incantevole in un bosco ceduo a Räpplinge, sull’isola Öland, circa 200 chilometri a sud di Stoccolma. Ritiene che quel luogo sia indicato per trascorrervi gli inverni baltici. Decide di costruire una residenza sull’isola. Il cantiere viene affidato a un giovane architetto, ma le soluzioni architettoniche sono scelte da Vittoria in persona, spesso suggerite dal suo amico Axel Munthe. Viene costruita una bellissima villa in stile mediterraneo.
L’anno successivo, visti i buoni risultati delle cure del Munthe, lo stesso viene nominato medico di corte per volontà della principessa Vittoria. Egli divide il suo tempo tra Stoccolma, l’esercizio della professione a Roma e le estati trascorse a Capri, passate a terminare la costruzione di Villa San Michele. La villa ha preso il nome della piccola cappella, che viene trasformata in studio e soggiorno.
Nel 1907 Axel Munthe sposa Hilda Pennington-Mellor, una ricca aristocratica inglese. Dal matrimonio nascono due figli: Peter e Malcolm.
Nel 1908, in occasione del terribile terremoto di Messina non esita a lasciare la moglie e a recarsi nella città dello stretto per portare il suo aiuto di medico alla popolazione. Munthe nonostante le continue e violente scosse che determinano ogni volta ulteriori crolli di case, resta sul posto collaborando con i soccorsi giunti a Messina via mare. Primo fra tutti a giungere in rada è l’incrociatore Piemonte della marina militare italiana. Poco dopo arriva una squadra navale russa che si trovava alla fonda ad Augusta, seguita inoltre da una squadra navale inglese. Gli equipaggi delle navi non esitano un momento a scendere a terra e a rischiare le proprie vite per portare soccorso alle persone che si trovano ancora sotto le macerie. Triste è la vicenda dello storico Gaetano Salvemini che in quel periodo si trova a Messina, essendo professore di storia moderna nella locale università. A causa del crollo della sua abitazione in conseguenza del terremoto perde la moglie, la sorella e le sue quattro figlie femmine, mentre il suo unico maschio non viene più ritrovato. Salvemini è convinto che il figlioletto sia sopravvissuto al crollo della casa. Per anni cerca il suo bambino. Una delle ipotesi più verosimili avanzate dallo stesso Salvemini è che il piccolo sia stato accolto su una delle navi della flotta russa intervenuta per soccorrere le vittime. I marinai, ritenendo in buona fede il bambino solo al mondo, lo avrebbero portato con loro in Russia.
Nel dicembre del 1907 Vittoria è diventata regina di Svezia, poiché il marito è salito al trono dopo il decesso del padre. I rapporti con il consorte sono quasi inesistenti salvo che doverosamente Vittoria è sempre presente al fianco di re Gustavo V in tutte le occasioni che l’etichetta reale lo impone.
Nel 1910 decide di trasferirsi a Capri, con il motivo, vero o presunto, di curare le sue malattie in una località dal clima mite. È semplicemente ansiosa di raggiungere il suo amato medico. La regina Vittoria viene accolta sull’isola con tutti gli onori e con la banda municipale schierata a riceverla. Prende alloggio all’Hotel Eden Paradiso di Anacapri, poco distante da Villa San Michele.
Ogni giorno si reca a Villa San Michele dal suo amico Axel, il quale ha sistemato la moglie e i due figli in un’ampia villa, The Stone Court, adagiata sulla riva del lago Siljan, nella Svezia centrale. Insieme trascorrono le mattinate facendo passeggiate lungo viottoli di campagna alla scoperta di bellezze naturali, facendo attenzione alla fauna presente sull’isola. I due sono appassionati naturalisti, amanti di flora e fauna. Nei pomeriggi ricevono gli amici presenti di volta in volta a Capri. Pittori, scrittori, politici, nobili, teste coronate si soffermano sulle terrazze panoramiche di Villa San Michele. Vittoria, esperta musicista, allieta gli ospiti suonando il pianoforte che si trova nello studio soggiorno dislocato nell’antica cappella, attorno alla quale sorge la villa.
Incoraggiato e aiutato economicamente dall’amica, il medico svedese acquista un grosso appezzamento di terreno lungo le pendici del monte Barbarossa, alle spalle della sua abitazione, pagando un prezzo esorbitante al proprietario dello stesso che approfitta della determinazione del medico e della sua amica a ottenere quell’ampia tenuta. In quest’area verde i due creano un’oasi faunistica dove gli uccelli possono sostare senza il pericolo di essere presi di mira dai cacciatori.
Nel giardino della villa il medico ospita tanti animali: diversi cani, una tartaruga, alcuni gattini e una scimmia, anzi un babbuino di nome Billy, regalatogli da un amico inglese. Billy è molto dispettoso e passa il tempo a infastidire gli altri animali, inoltre ha il vizio di bere alcolici, abitudine presa seguendo l’esempio del suo precedente padrone, forte bevitore. Quando gli riesce di impadronirsi di qualche bottiglia di vino, se la scola completamente. In tale occasione viene rinchiuso, ubriaco, in una gabbia.
Un giorno Axel, in occasione di un ennesimo suo ritorno a Capri, viene a conoscenza che il mattino precedente era morto il canonico di Capri. Avendo saputo che durante la notte la salma, esposta in chiesa, era stata coinvolta in un incendio, scende incuriosito la Scala Fenicia per recarsi nella cittadina a raccogliere notizie. Gli raccontano che non solo la salma era andata bruciata, forse a causa di un cero acceso caduto sul tappeto su cui stava appoggiata la bara, ma nella stessa notte erano state devastate anche la farmacia accanto alla chiesa e lo studio di un pittore locale. La gente non si capacita su chi possa aver fatto tanti danni. Si ipotizza che alcuni giovani anacapresi siano venuti nella notte per vendicarsi di chissà quale torto. C’è sempre un acceso antagonismo tra gli abitanti delle due cittadine isolane. Tornato a San Michele Munthe va in cerca della scimmia che non si trova nel giardino di casa. La scorge nella tenuta sul monte Barbarossa che dorme completamente ubriaca. Presala per riportarla a San Michele e rinchiuderla nella sua gabbia, nota con stupore che Billy ha le mani macchiate di pittura rossa, lo stesso colore che aveva notato sparso a terra e sui quadri nello studio devastato dell’artista caprese.
Vittoria di Svezia trascorre ogni anno lunghi mesi autunnali e invernali a Capri, pertanto decide di acquistare una residenza sull’isola. La sua attenzione si concentra su una modesta casa colonica di Anacapri, Villa Caprile. Il pregio di questa casa è che si trova a poca distanza da Villa San Michele. La fa rimodernare in modo discreto rispettando lo stile agreste dell’edificio. Dedica le sue cure alla creazione di un giardino sul terreno circostante l’abitazione.
La regina diventa così una presenza costante e familiare per tutti i capresi. Naturalmente sorgono giustificati pettegolezzi sulla natura del rapporto tra Vittoria e Axel Munthe. Viene naturale pensare a un legame sentimentale tra i due in virtù dell’irresistibile attrazione che Axel esercita su tutte le donne con cui viene a contatto. Vittoria ha ormai rapporti solo formali con il marito. Non mancano altre fantasiose teorie circa quella stretta amicizia. Qualcuno sostiene che Munthe sia un fratellastro segreto di re Gustavo di Svezia, e quindi cognato della regina. Vittoria trascorre i 10 anni più belli della sua vita, tra estati in Svezia dove viene assalita dalla noia dei suoi doveri di regina e il resto dell’anno nella sua amata isola dove si sente rinascere. Le giornate sull’isola trascorrono felici. La mattina passeggiate, i pomeriggi a discutere di arte e ad ascoltare buona musica restituiscono la salute e la gioia di vivere a Vittoria. Provetta fotografa si cimenta in tutte le tecniche fotografiche del tempo per catturare nelle immagini gli scorci dell’isola. Vittoria è anche una discreta pittrice. Con cavalletto, colori e pennelli si diletta a riportare sulle tele soggetti agresti e marini di Capri.
Solo una volta re Gustavo raggiunge la moglie a Capri. Egli è sempre ben informato da una discretissima sorveglianza sulle attività della consorte nell’isola e sulla presunta storia d’amore con il medico di corte ma, con l’aplomb tipico svedese, dà mostra di non curarsene. Sfortuna vuole che una vera e propria tempesta lo accoglie al suo arrivo a Napoli. Delle grandi onde procurano al re un gran mal di mare durante la traversata tra Napoli e Capri. Dopo l’infelice esperienza che non gli fa apprezzare appieno le bellezze dell’isola, Gustavo si guarderà bene dal tornare a Capri.
Questo lungo periodo di felicità tra Vittoria e Axel viene oscurato durante la prima guerra mondiale. Vittoria, essendo tedesca, principessa di Baden, parteggia per le forze dell’asse, alienandosi le simpatie dei suoi sudditi. La grande maggioranza degli svedesi non vede di buon occhio i tedeschi. La Svezia durante tutto il primo conflitto mondiale mantiene la sua tradizionale neutralità. Munthe, che è in sintonia con il generale sentimento dei suoi connazionali, acquisisce la cittadinanza britannica e presta servizio sulle ambulanze della Croce Rossa inglese. Scrive, raccontando questa esperienza, il libro “Red Cross, Iron Cross”. Le opposte simpatie per i paesi aderenti alla Triplice Intesa da parte di Munthe e per gli imperi centrali di Vittoria allontanano i due amanti.
Tra il 1919 e il 1920 Axel trascorre un lungo periodo a Capri in compagnia della marchesa Luisa Casati Stampa. Luisa, figlia di un industriale tessile, diventata ricchissima dopo la prematura morte dei genitori. Ha sposato a vent’anni il conte Camillo Casati Stampa di Soncino. Appassionata collezionista d’arte, solitamente abita nel palazzo Venier dei Leoni, affacciato sul Canal Grande a Venezia. L’ha acquistato nel 1910 che era poco più di un rudere. Luisa Casati lo fa ristrutturare, rendendolo uno dei più belli del Canal Grande. Oggi Palazzo Venier ospita il museo Guggenheim.
La Casati è nota ai veneziani per la sua vita sregolata e i suoi numerosi amori. La notte cammina nuda, coperta solo da un mantello, per le calli e i campi della città lagunare, accompagnata da un servitore che la illumina con una torcia, onde permettere ai passanti di godere della sua bellezza. Luisa ispira il personaggio di Isabella Inghirami nel romanzo “Forse che si, forse che no” di Gabriele D’Annunzio. È stata a lungo amante del poeta.
Il rapporto tra Axel e Luisa Casati è tempestoso. In quel periodo il medico svedese abita a Torre Materita, una villa medioevale che si trova tra Anacapri e Punta Carena, dato che a causa di una malattia agli occhi non sopporta l’intensa luminosità di Villa San Michele. Luisa Casati si è invece sistemata a San Michele dove, con grande disappunto di Axel Munthe, fa costruire un marchingegno costituito da ventagli che si muovono autonomamente creando una piacevole brezza.
Nel 1920 la salute di Vittoria peggiora notevolmente a causa dei suoi antichi malanni. È in Svezia, dove abita per qualche tempo nella sua fiabesca villa sull’isola Öland.
Anche il suo antico amante Axel Munthe è costretto a rientrare in Svezia. La malattia agli occhi di cui soffre da tempo compromette seriamente la sua vista. Durante questo periodo, nel buio inverno svedese, è in preda alla malinconia che sfocia quasi in depressione. Sollecitato da un amico che, per scuoterlo dall’apatia e dalla malinconia, gli suggerisce di scrivere la sua biografia, racconta le vicende della sua vita nel libro “La storia di San Michele”. Il volume, pubblicato nel 1929 e tradotto in 45 lingue, vende milioni di copie.
La regina Vittoria si trasferisce negli ultimi anni di vita a Roma, dove ha acquistato una residenza nei pressi di Villa Borghese, la Villa del Mandorlo, oggi conosciuta come Villa Svezia. Munthe la raggiunge nella città italiana. Vuole essere vicino alla sua più cara amica per prestarle le cure mediche di cui la stessa abbisogna. La regina Vittoria si spegne il 4 aprile del 1930 nella casa romana, assistita fino alla fine dal suo medico.
Axel Munthe trascorre altri numerosi anni a Villa San Michele, dopo che una riuscita operazione agli occhi gli ripristina la vista. Nel 1942 torna in patria, ospite della casa reale.
Durante la seconda guerra mondiale suo figlio Malcolm prende parte al conflitto come ufficiale dell’esercito britannico. Partecipa a numerose operazioni di spionaggio in Svezia e in Norvegia al servizio delle forze alleate. I legami con Capri si riallacciano anche per Malcolm Munthe. Nel settembre del 1943, alla testa di un piccolo gruppo di militari, anticipa l’avanzata degli alleati recandosi con un veloce motoscafo a Sorrento. Nella cittadina risiede Benedetto Croce con la famiglia. Recatosi nell’abitazione del filosofo lo convince, non senza sforzo, ad abbandonare con la massima urgenza la cittadina, dove corre l’imminente pericolo di essere arrestato dai tedeschi, per rifugiarsi nella vicina Capri. Croce è una delle poche personalità italiane non compromesse con il fascismo. Il presidente Rooselvelt lo ritiene adatto a diventare capo del primo governo dell’Italia liberata. Malcolm Munthe lo trasborda, con il suo motoscafo, nella vicina Capri insieme alla sua famiglia, mettendolo in salvo dai tedeschi. L’isola è considerata un luogo sicuro poiché era stata abbandonata nei giorni precedenti dalle poche truppe tedesche presenti ed è presidiata da un combattivo manipolo di soldati italiani, coadiuvato a mare da una minuscola flotta di MAS della marina italiana che ha trovato rifugio nel porto dell’isola.
Axel Munthe si spegne a Stoccolma l’11 febbraio del 1949 all’età di 91 anni. Le ceneri vengono disperse nel mare del Nord. Dando seguito alle sue volontà testamentarie, Villa San Michele viene affidata allo stato svedese, che la trasforma in museo.
(Foto in alto: Axel Munthe nel 1930)